Dal "Quotidiano della Calabria" - 5 Agosto 2000
di Augusto Placanica
Leggo l'editoriale di "Ora locale" (aprile-maggio 2000). Analizzerò
in sede scientifica adeguata (da storico) i testi di Alcaro, Cassano, Meldolesi
e Piperno, che esso invoca quali portatori di un nuovo meridionalismo,
e mi tengo stretto all'editoriale. Il quale, aderendo al suddetto nuovo
meridionalismo, vi premette idealmente, quasi progenitrici, le esperienze
innovative dell'IMES e della rivista "Meridiana". Poiché, forse
indegnamente, presiedo l'Imes fin dalla nascita, e, con Carmine Donzelli
e Piero Bevilacqua, mi considero parte della memoria storica di quelle
esperienze, vorrei dire quel che penso.
Quando l'Imes nacque ("Stelline" di Milano, 1985), il proposito scaturì
sull'onda del cantiere della Calabria Einaudi (di cui la triade or ora
nominata era la redazione vivente), e in occasione di certe presentazioni-dibattiti
che non ci piacevano: alte lagne sul Sud dimenticato, autoesaltazioni ed
autocommiserazioni, Calabria fiera e forte ma oppressa da sempre da governi
indegni, rimpianti per la civiltà di un tempo ormai dissacrata,
nostalgia dell'insalata e mancata industrializzazione, e compagnia cantando.
Retorica, parole vuote, gusto avvocatesco o letterario, i primi passi di
sintagmi ormai sdruciti come "imprenditorialità" e simili, che non
significavano niente; soprattutto nessuno scrupolo di analisi scientifica
della società calabrese e delle nuove forme e forze di questa società.
Dall'editoriale di "Ora locale" si ricava la conferma di queste forme
di arretratezza culturale. Altrove si fa e si produce, da noi si parla
come vuole il vento. E si parla di un nuovo meridionalismo che, per quel
che se ne legge, consta di esaltazione nostalgica delle antiche (e presuntamente
sopravviventi) forme di civiltà del prossimo (il vicinato, l'amicizia,
e altrettanti réveries tutte da dimostrare, e a smentire le quali
vale la tradizionalissima litigiosità del mondo contadino meridionale,
attestata da milioni di cause e protocolli notarili conservati negli archivi).
Pare che taluni, fallita clamorosamente la nostalgia del futuro, cioè
il sogno della rivoluzione dietro l'angolo, si rifugino adesso nella nostalgia
del passato, un passato altrettanto chimerico. Torna attuale la poesia
di Goethe sui trentenni fanatici.
C'è poi il pessimismo sui partiti di Calabria, inerti. Ora,
o la Calabria è un'isola infelice, e bisogna rifarla con un progetto
che non sia quello nebuloso dei berlusconiani, o i partiti di Calabria
ripetono gli errori di quelli centrali. Ma che senso ha un attacco, e un
distacco da una generica sinistra, così generici da non significare
nulla? Non vi piacciono questi partiti e questa sinistra? Bene, inventatene
un'altra, operate in modo non effimero, e lasciate il mugugno ai vecchietti
che frequentano i bar. In bocca a uomini di sinistra un discorso qualunquistico
è un discorso anzitutto antistorico e oggettivamente sovversivo;
e non rammenta (o non ricorda) che la sinistra oggi è debole nella
misura in cui essa, con altri movimenti di massa, in decenni di lotte,
ha vinto la battaglia per il benessere di quelle stesse masse che et pour
cause! oggi non vogliono la rivoluzione, ma vogliono solo stare bene; per
cui l'editoriale saltando a piè pari questo elemento storico e dialettico
confonde il quadro e crea ulteriore disaffezione alla politica. Molto bene!
Si parla, poi, con ottimismo speculare, dell'imprenditorialità
avanzate. E così si fa di tutto il Mezzogiorno un fascio, col risultato
di approvare anche le sacche di parassitismo gabellandole per avanzamenti:
perché non si fa qualche ricerca sui dati ISTAT (Annuario statistico
e Compendio statistico) degli ultimi anni? duro, lo so, e richiede tempo,
pazienza, e sedere sulla sedia per giornate; ma come si può ragionare
o addirittura "progettare" a furia di frasi senza numeri? Come si può
ignorare che ci sono regioni meridionali che sono in ascesa veloce, e altre
che sono in spaventoso ritardo, e buone soltanto a produrre carta stampata,
naturalmente finanziata? questo l'insegnamento della sinistra che corre?
Si esalta, in perfetta sintonia, l'idea di Bassolino di un federalismo
meridionale. (Ma tutti costoro hanno letto Gioberti, Balbo, d'Azeglio,
Ferrari e soprattutto Cattaneo, per restare all'Italia nascente?). Bassolino,
invece di lanciare ovvietà pari a quelle del papa, cerchi di salvarsi
per come può, dopo i guasti arrecati a Napoli e alla Regione Campania.
So solo che questi vaniloqui sono musica per le orecchie di Bossi: il quale
direbbe: Volete questo federalismo, basato su queste parole in libertà?
E tenetevelo stretto; noi continueremo a produrre e a pretendere di non
pagare le tasse .
Nell'età dell'esattezza, ci balocchiamo con l'approssimazione.
Come quel tale accademico delle nostre parti, autore di un sontuosissimo
volume su Catanzaro (una specie di antologia del Poligrafico dello Stato,
mi pare), il quale ritiene che gli statuti dell'arte della seta abbiano
avuto un loro preciso autore, tal J.M. Vitalianus. Sic!!! Non si allarmino
i lettori: non sono le iniziali di John Maynard Keynes, ma, più
semplicemente, come altre mille volte, l'invocazione "Jesus Maria Vitalianus"
preposta a ogni atto solenne steso da un notaio catanzarese. Santa ingenuità!