di Mario Alcaro
Con questo numero si chiude il terzo anno di vita di "Ora Locale". In realtà, operiamo da più di quattro anni, se si considera il tempo di preparazione della rivista. Possiamo dire che già nel '95 abbiamo cominciato ad elaborare le tesi programmatiche che sono confluite, dopo numerosi dibattiti, nel numero 0, pubblicato nel '96.
Il giornale ha tenuto. Non ha debiti. Si è autofinanziato con gli abbonamenti e con le copie vendute in edicola e libreria. I materiali che continuano a pervenirci sono abbondanti.
Certo, non bisogna nascondersi che non tutti i numeri sono di buona qualità e che la redazione cosentina accusa una certa stanchezza, dovuta alla molteplicità di compititi di cui è gravata e alla scarsa autonomia delle altre redazioni.
Per quel che concerne le ipotesi fondative della rivista ci sentiamo confortati da ciò che è andato crescendo in questi anni nel Sud. Quando siamo nati, era in piedi solo l'esperienza dell'Imes e della rivista "Meridiana". Dopo, sono usciti alcuni libri che hanno contribuito a tracciare le linee di un nuovo meridionalismo: Il pensiero meridiano, di Franco Cassano; Elogio dello spirito pubblico meridionale, di Franco Piperno; il mio Sull'identità meridionale; Dalla parte del Sud di Luca Meldolesi; Federalismo e Mezzogiorno, curato da Cassano e Giuseppe Cotturri. Si sono diffuse riviste meridionalistiche come "Da qui" (Puglia), "Città d'utopia" (Sicilia), "Eùpolis" (centro-sud), "Città di città" (Sicilia), "Ou" (Cosenza).
C'è un progetto di costruzione di una rete delle riviste meridionali con la partecipazione di editori come Donzelli, Rubbettino ed altri. Nel corso della campagna elettorale Antonio Bassolino ha lanciato l'idea (ad Eboli e a Reggio Calabria) di un federalismo meridionale che è in perfetta sintonia con le tesi di "Ora Locale".
Note dolenti: i partiti impermeabili, indifferenti, non interessati ad interloquire né con critiche né con iniziative comuni. Nessuna formazione politica si è presa la briga di assumere una propria posizione sui temi della rivista e sui numerosi dibattiti che abbiamo organizzato nella nostra regione.
I partiti in Calabria, come altrove, fra una elezione e l'altra non fanno politica. Non sono presenti nel sociale. Non hanno iniziative. Poi arrivano le elezioni e si risvegliano. Per fare cosa? Per litigare, per imporre il proprio candidato. Per creare risse che pregiudicano una possibile - probabile vittoria elettorale. In Calabria 4 province su 5 sono di sinistra. Il polo era debole e diviso. Ebbene, i dirigenti dei partiti della sinistra sono riusciti a consegnare l'Ente regione al Centro-destra. Non si può continuare così.
Il fatto più grave di tutti è questo. In Calabria come in tutto il Sud stanno emergendo elementi nuovi e dinamici. E' cieco chi non li vede. In politica (amministrazioni come Reggio, Noverato, Castrovillari, ecc.), nei settori economici e produttivi (nuova imprenditorialità), nella cultura (circoli, ricerca, Università). Abbiamo visto queste cose in anticipo. Il nostro giornale ha come suo principale compito quello di segnalare tali novità. Adesso più d'uno comincia ad accorgersene.
Ma qual è il problema? Queste novità non possono essere lasciate a se stesse e rimanere esperienze isolate. C'è bisogno di farle conoscere, valorizzarle, impiegarle sul piano politico. Se non si fa questo, rischiamo di esaurirsi e di marcire. I partiti dovrebbero assumerle come basi su cui costruire la nuova politica in Calabria.
Niente di tutto questo. Ecco, questi sono dei crimini sul piano politico. Tutto ciò ci condanna alle solite litanie e lamentele. Alla stupida ripetizione di frasi come: in Calabria non c'è niente da fare; tutto è vecchio, tutto sbagliato, tutto da rifare.
In realtà, la società civile è molto più avanti del suo ceto politico. Perciò occorre cambiarlo.