di Nicola Petrolino
Il cinema, anche se non ha dedicato quasi nessun film all'eresia come fenomeno storico e religioso, ha puntato il suo sguardo su alcune grandi figure esemplari di eretici che, non solo nella storia della cultura ma anche nell'immaginario collettivo, sono diventati simbolo di dissenso intellettuale. E' su queste figure che vogliamo soffermarci, chiarendo però che la grande difficoltà dei film "biografici" su personaggi della storia è che, quasi sempre, il mezzo cinematografico invita a delineare la personalità del singolo e non tanto il contesto sociale e culturale che fa da sfondo storico alla vicenda del protagonista.
Se i movimenti ereticali dei secoli XIII e XIV rappresentano il generoso tentativo di riproporre alle masse l'autentico messaggio evangelico dimenticato dalla Chiesa, dal XV secolo in poi essi attuano una lotta religiosa che non è solo fine a se stessa ma serve a dare una giustificazione morale a motivi di ordine sociale ed economico, e anche patriottico.
Significativa e caratteristica di tutte le eresie è la presenza femminile, favorita anche dall'adozione del volgare nelle pratiche religiose.
Una di queste donne, accusata e condannata di eresia, è Giovanna D'Arco.
Il personaggio di Giovanna D'Arco nel corso del tempo è diventato un archetipo, un'icona culturale, per cui si è materializzo in documenti che vanno dalla tradizione orale all'immagine figurativa, dal testo scritto al cinema.
Sono una cinquantina, infatti, le pellicole che, in poco più di un secolo di storia del cinema, sono ispirate dalla figura di Giovanna d'Arco. Un personaggio, quello della Pulzella d'Orléans, che ha sempre affascinato la fantasia popolare, tanto che alla "vergine guerriera" sono dedicati film già prima della canonizzazione ufficiale da parte della Chiesa, avvenuta il 16 maggio 1920.
Tra le pellicole realizzate nell'epoca del muto spicca Joan the woman, firmata nel 1916 da Cecil B. De Mille. Ma il film che per qualità nella realizzazione e intensa spiritualità nell'interpretazione conserva ancora un posto di tutto rilievo è La passione di Giovanna d'Arco diretto nel 1928 da Carl Theodor Dreyer.
Sullo sfondo dell'istanza libertaria presente nel cinema del regista svedese, la vicenda di Giovanna d'Arco consente all'autore di stigmatizzare, in sintonia con la sua polemica contro l'intolleranza, il meccanismo repressivo dell'Autorità e della Legge.
La solitudine della protagonista rappresenta, più che in ogni altro film, la situazione dell'eretica, perché la sua condizione è raffigurata soprattutto come esclusione, segregazione, diversità. Isolata dalla "anormalità" dei gesti e dei comportamenti ("sente le voci", "vede San Michele", indossa abiti militari, combatte, ossia occupa un ruolo esclusivamente maschile), Giovanna mette in discussione il Potere, infrangendone la regolarità dell'organizzazione. In questo senso essa è un'eretica, una "diversa", una esclusa. Proprio per questo raggiungerà, a dispetto dei giudici e attraverso il martirio e la solitudine, la liberazione.
Oltre a Renée Falconetti, l'indimenticabile interprete del film di Dreyer, un'altra grande attrice ha indossato l'armatura di Giovanna: Ingrid Bergman. L'attrice svedese si è infatti calata per ben due volte nei panni della Pulzella: nel 1948 per Victor Fleming in Giovanna d'Arco e nel 1954 per Roberto Rossellini in Giovanna d'Arco al rogo, film ispirato a un oratorio di Paul Claudel (Jeanne d'Arc au bucher) musicato da Arthur Honegger.
Tanti altri registi hanno in seguito rappresentato sullo schermo le vicende di Giovanna d'Arco e ciascuno con la sua personale visione. Fatale quella di Jean Delannoy in La santa guerriera Giovanna d'Arco (1954) con Michèle Morgan. Adolescenziale quella di Otto Preminger in Santa Giovanna (1951) con Jean Seberg. Storica quella di Jacques Rivette in Giovanna d'Arco (1 e 2 parte) con Sandrine Bonnaire del 1994. L'ultima versione, contemporanea al film di Besson, è quella girata per la Tv Usa da Bobby Roth, protagonista Leelee Sobieski.
Come si può evincere dalle vicende storiche di Giovanna d'Arco, l'area degli atteggiamenti, intellettuali e pratici considerati eterodossi è ampia e mutevole (muta a seconda di come varia la definizione dell'eterodossia), e perciò tra gli individui che dalla seconda metà del '500 in poi vengono processati come eretici troviamo "tipi" diversi per collocazione sociale, per attività, per scelte intellettuali e morali: il dissidente religioso, cioè l'eretico in senso stretto; il filosofo, a cui accade facilmente, nell'elaborare teorie, di muoversi lungo una linea di ricerca autonoma; lo scienziato (o come si diceva in quei tempi il "filosofo naturale").
Il domenicano Tommaso Campanella, è, appunto, un "filosofo naturale". Egli, infatti, supera il compromesso con la teologia, in una specie di panteismo, identificando Dio con "l'anima del mondo". La possibilità operativa dell'uomo consiste nel penetrare, tramite la magia, nell'anima regolatrice del mondo e conoscerne i misteriosi disegni.
La sua opera più importante, La città del Sole, è la descrizione utopistica di una perfetta comunità vivente i cui membri e tutti i momenti della loro vita, anche privata, persino i rapporti intimi tra mariti e mogli, sono regolati secondo le indicazioni favorevoli o sfavorevoli degli astri. In pratica, il Dio trascendente del cristianesimo viene calato a livello del sistema solare, e il codice morale non è più stabilito da una verità rivelata, ma da una legge cosmica, immanente negli astri.
A quest'opera di Campanella il regista Gianni Amelio, calabrese anche lui e laureato in filosofia, dedica il film La città del sole (1973). L'opera sembra costruita sul modello di Vita di Galileo di Bertolt Brecht. Come il dramma brechtiano, il film si basa sul periodo più rivoluzionario e più drammatico della vita di Tommaso Campanella, quello dell'eresia e della persecuzione istituzionale, con la differenza che essendo Campanella uomo di fede e non di scienza, per sopravvivere non arriva all'abiura (fittizia), ma alla follia (altrettanto fittizia).
Siamo in Calabria ai primi del '600. Con l'accusa di aver fomentato con le loro prediche alcuni tentativi di rivolta di contadini e briganti, frati domenicani vengono imprigionati dalle autorità spagnole che dominano il Sud. Uno di essi è Tommaso Campanella, incarcerato per oltre vent'anni e sottoposto anche al giudizio dell'Inquisizione cattolica per eresia e presunte pratiche stregonesche. Prendendo liberamente spunto dai dati biografici e dalla sua opera filosofica, il film propone in una sorta di "saggio fantastico" una riflessione sul ruolo dell'intellettuale in rapporto al potere, del suo porsi tra impegno attivo e speculazione. La storia di Campanella torturato in carcere si intreccia con quella di un monaco che vaga misteriosamente tra i luoghi della rivolta fallita e che dialoga con un ragazzo incontrato sul luogo.
Come Campanella anche Giordano Bruno, attraverso una ricerca filosofica tutt'altro che semplice, giunge - riprendendo motivi della tradizione neoplatonica e magica - a una fede, panteistica e naturalistica, nella forza divina che sarebbe ovunque (nelle cose del mondo, nella infinità dell'universo).
Nel film Giordano Bruno (1973) di Giuliano Montaldo la traduzione in immagini della posizione filosofica del protagonista non risulta certamente facile. C'è una scena notturna sul mare molto bella, durante la quale Bruno espone la sua teoria sulla natura, parlando della onnipresenza del segno divino nelle forme naturali, ma resta quasi un fatto isolato. La predilezione di Montaldo è sicuramente verso il Bruno politico, verso la sua dialettica nel difendere, di fronte alla Inquisizione, le ragioni delle sue scelte.
In questo gioco di oscillazioni tra discorso politico e discorso filosofico la critica storica si stempera nella composizione d'un quadro che rischia di apparire oleografico o addirittura poco veritiero (Luigi Firpo, Giordano Bruno due volte bruciato, in La Stampa, 6-1-1974). Tuttavia, ciò non impedisce a Montaldo di avanzare una sua "interpretazione" del rogo di Campo dei Fiori; ed è qui che l'impegno filologico del film tenta di tramutarsi in impegno sociale: il passato si fa presente, l'analisi storica si trasforma in proposta politica.
Oltre a Campanella e Bruno anche Galileo Galilei rappresenta l'intellettuale che cerca di conquistare per la sua ricerca uno spazio autonomo dall'autorità religiosa.
A Galileo Galilei sono dedicati due film: il primo di Liliana Cavani del 1968, il secondo di Losey del 1974. Tralasciamo quest'ultimo (in quanto si tratta, come afferma lo stesso regista, del tentativo di "trovare un equivalente cinematografico allo stile teatrale di Brecht", l'autore a cui la sceneggiatura del film si rifà), e soffermiamoci sul primo.
Nel film, lo scienziato viene colto nella sua attività didattica a Padova, quando insegna ancora le vecchie teorie sull'universo alle quali non crede più. A Venezia, Galileo incontra Giordano Bruno perseguitato dall'Inquisizione. Quando quest'ultimo viene arrestato e trasferito a Roma dove sarà condannato al rogo, Galileo, e con lui i suoi allievi più illuminati, sono convinti della veridicità delle teorie copernicane. Lo studioso cerca volontariamente di mettersi in contatto con Roma per esporre le proprie tesi, convinto di poter riuscire con la sua opera ad aiutare a liberare la scienza dalla sudditanza impostagli dalla teologia. Egli è convinto che di fronte alle prove fornite dal suo cannocchiale tutti debbano ricredersi. Ma qui incominciano le amarezze; anche i suoi colleghi, i professori universitari, che prima hanno incoraggiato le sue ricerche, ora si rifiutano di seguire la logica del suo ragionamento e Galileo è più che mai solo. Davanti al tribunale dell'Inquisizione pronuncia quindi l'abiura: salva così la vita, ma rinuncia per sempre alla sua autonomia di scienziato.
Possiamo concludere affermando che i registi citati, trattando il tema dell'eresia, evidenziano uno degli aspetti più inquietanti del nostro tempo: il dissidio tra libertà e autorità. Così in anni in cui la "rivoluzione culturale" proponeva la liberazione delle coscienze da ogni forma di dogmatismo culturale e politico, (ricordiamo che tutti i film sono stati prodotti tra il 1968 e il 1974) essi, servendosi di personaggi storici accusati di eresia (Giovanna d'Arco, Campanella, Bruno e Galileo) affrontano il tema del conflitto tra l'uomo di cultura e il Potere; conflitto che durante gli anni della contestazione è stato per molti intellettuali causa di elaborazioni utopistiche estreme, di profonde lacerazioni personali e politiche, di scelte rivoluzionarie senza ritorno.