di Anna Melillo
Il valore del ricordo in una vita e' di primaria importanza, e' fondamentale. Il ricordo
e' quello che riempie le giornate inattive e le nottate insonni, i periodi bui, stimola
a ripetere alcune esperienze emozionanti, insegna cosa sia la parabola dellíesistenza e aiuta anche a viverla.
Ma un ricordo senza la certezza, senza la consapevolezza delle cose fatte, scelte
con razionalita' e con l'intento di adattare l'agire alle svariate possibilita' che
le circostanze offrono, un ricordo senza la necessita' di dividerlo con gli altri,
ai quali ci accomuna l'ideale della liberta', visto tra utilita' e giustizia, razionalita'
ed irrazionalita', non e' un vero ricordo, un qualcosa da tenere a mente per se stessi
e gli altri. E' un semplice accadimento, un'emozione senza un domani, un buco nero.
Giovanni, Francesco e Angelina invece lo sono. Lo sono per quello che hanno rappresentato,
per tutto quello che e' stato gia' detto e per quello che non lo 'e stato e che purtroppo
restera' per sempre chiuso nel cuore di pochi, quelli che la memoria sanno cose' e la tengono stretta.
La memoria di fatti grandi, di fatti in cui il povero e' diventato ricco, ricco di
terra e di amicizia, soltanto perche' e' stato vicino agli altri, in una lotta senza
tempo, la lotta di quelli che hanno appena una cosa, il coraggio, nientíaltro. Solo
il coraggio di camminare accanto al fratello nella sofferenza, nell'umiliazione, nella
fame, per cercare un riscatto dovuto e meritato, pagato con il sangue di tre giovani
vite, che ancora oggi sono il simbolo di una ricerca di giustizia, di un messaggio
di speranza, di una sollecitazione alla perseveranza nella ricerca del bene comune.
I tre giovani martiri di Melissa hanno fatto parte di un popolo, le cui gesta sono
echeggiate in tante contrade della penisola. Questa gente di Calabria ormai stanca
delle vessazioni e della fame patita, ha cercato una sua identita', ha trovato lo
stimolo giusto, quello della lotta per la terra, per darsi delle risposte oltre il momento
contingente. Si e' riscoperta unita, solidale con i bisogni dellíaltro, ma anche
timorosa di non saper rivendicare in maniera adeguata quanto era necessario per tutti.
Intorno, l'esercito, gli agrari, i padroni, preoccupati della rendita parassitaria
piu' che delle vite umane che di la' a poco si sarebbero spente. Ma tanti furono
pure quelli che hanno sentito il richiamo della solidarieta', della fratellanza sociale
tra pari, tra uomini liberi, che non potevano rassegnarsi e accettare líidea che líappartenenza
politica, ideologica e religiosa, potesse costituire un argine, un confine invalicabile
al bisogno di partecipare e battersi con tutti gli altri per cambiare il senso della storia.
Sono stati momenti di intensa passione politica, di sacrifici e di lotte, ma anche
di forti emozioni e di impegno organizzativo, per non vanificare quanto si stava
cercando di fare per affrancare il mondo bracciantile e contadino dalla presenza
oppressiva e avvilente del latifondo e spianare la strada alla Riforma agraria.
Tante le donne al fianco dei loro uomini, coraggiose, battagliere e pronte in prima
fila con vanghe e roncole a combattere per la liberta' di poter crescere senza stenti
i propri figli, la loro unica ricchezza, ma anche la loro unica preoccupazione per
un futuro che non c'e' se non ci si ribella. Donne che sono state uccise con dentro il
peso del loro domani, un domani senza speranza per chi si lascia ricattare da chi
addirittura ha coinvolto in questo assurdo gioco pure il Padreterno.
E ce líhanno fatta! Il latifondo non c'e' piu' e i poveri cristi in carne e ossa dell'abate
Vincenzo Padula, che hanno a lungo lottato, hanno finalmente conquistato un pezzo
di terra e con la terra la dignita' di uomini, la liberta' di essere innanzitutto
cittadini di uno stato democratico.
Pero' non tutti sono rimasti su quel fazzoletto di terra: la Riforma agraria era stata
concepita e attuata non tanto come misura di riassetto e di trasformazione dellíeconomia
agricola, quanto come uníoperazione diretta a bloccare la crescita organizzativa e politica del movimento ed a contenere, nei limiti del possibile, la decomposizione
del blocco agrario; e per i piu' poveri, che erano la stragrande maggioranza dei
braccianti e dei contadini del Marchesato, e' stato gioco forza incamminarsi lungo
líamara strada dell'emigrazione.
Ora pero', a distanza di cinquantíanni dai fatti, molte cose sono cambiate: dalle
foci del Tacina a quelle del Lipuda ed oltre nel cuore del vecchio Marchesato, i
nipoti degli assegnatari dell'Opera Valorizzazione Sila, che gestiscono aziende irrigue
e meccanizzate e producono ricchezza per il mercato, poco ricordano della storia che ha
visto la piccola Melissa diventare il centro ideale di tutte quelle battaglie che
si sono combattute per la terra e per il diritto di essere liberi. Non c'e' piu'
spazio nella memoria per quei momenti di grandi ideali, di passione politica, di voglia di liberta';
non c'e' piu' tempo per fermarsi e chiedersi quanto quelle lotte invece siano ancora
tanto vicine con il loro messaggio di incontenibile volonta' di cambiamento allíattuale situazione stagnante, tanto dal punto di vista economico-occupazionale, che
politico ed intellettuale.
Una sorta di letargia ha colpito anche quelli che alle lotte hanno partecipato magari
soltanto ascoltandone le grida lontane e i colpi dei fucili. Rumori ormai confusi
e soffocati dai tanti effimeri messaggi che i mass-media propinano e che ottundono
la mente e i ricordi, che invece vale la pena tenere per sempre a mente, come il regalo
piu' prezioso.
Le orme sono la prova che non puo' mentire, ti dicono da dove viene e dove sta andando.
Solo i furbi camminano senza lasciare traccia per non precludersi nessuna strada,
ma cosi' facendo rinunciano ad ogni idea di verita' e al diritto di ricordare.
Noi invece non vogliamo rinunciare a questo. Vogliamo poter continuare a guardare
avanti e vedere con gli occhi della memoria di braccianti di ieri, di contadini sfruttati,
di campioni delle lotte per la terra, quelle file di emigranti che di sera camminano lungo le strade delle nostre campagne dopo una dura giornata di lavoro sotto il
sole. Sono i braccianti di oggi, uguali a quelli del nostro passato, uguali per la
fatica e la sofferenza, diversi solo per il colore della pelle, che giorno dopo giorno
sudano per raggranellare qualche soldo da mandare alle famiglie lontane. Sono loro i nuovi
poveri cristi dellíabate Padula, loro per i quali varrebbe oggi la pene di battersi
e lottare, per i quali sentir palpitare dentro il grande cuore della solidarieta',
lo stesso valore per il quale uno al fianco dell'altro i contadini di Melissa hanno
combattuto cinquantíanni fa.
Eppure ogni tanto il sorriso di un anziano, la mano accogliente di una donna, un piatto
di minestra donato fanno sperare che il ricordo non si e' spento per sempre e che
i valori piu' grandi sono solo sopiti.