di Serena Cittadella
Nell'attuale museo di S. Giuliano di Castrovillari proveniente dall'Oratorio di San Rocco, è conservata l'icona della Madonna Nera, conosciuta dalla tradizione locale anche come "a Madonna Nova", perché proviene da una vicina e ormai distrutta chiesa intitolata a Santa Maria la Nova. L'immagine che risale probabilmente alla fine del secolo XVI si presenta con quell'incarnato bruno rossastro, che caratterizza altre icone calabresi.
Alcuni studiosi hanno inserito l'icona di Castrovillari fra le pitture di stampo "veneto-cretese". I pittori cretesi nella seconda metà del XVI secolo avevano assimilato tramite Venezia, modi e pratiche vicini alla cultura occidentale e in parte innovativi rispetto alla tradizione, cercando di "sostituire al carattere di rappresentazione simbolica dell'icona un metodo illustrativo e narrativo con elementi più mondani ".
In una delle cappelle della vecchia Cattedrale di Isola Capo Rizzuto è conservata un'icona di medio formato, che raffigura la Madonna col Bambino, comunemente conosciuta come la Madonna Greca. Fino a non molto tempo fa, la storiografia locale sembrava concorde nel ritenerla un'opera medievale, influenzata dalla tradizione che voleva il "ritratto della Vergine" giunto per mare dall'Oriente durante il periodo iconoclastico. Secondo alcuni studiosi l'icona di Isola Capo Rizzuto potrebbe essere una copia o una replica posteriore a quella della Madonna dell'Elemosina di Biancavilla, a Catania.
La sua datazione risale ad un periodo che va dalla fine del secolo XVI agli inizi del secolo XVII. Lo stile rimanda infatti ai più "bizantini" e accademici fra i grandi pittori cretesi del secolo XV, come Pavias, Tzafuris, Ritzos.
Nella Chiesa della Schiavonea, a Corigliano Calabro, vi è l'effige della Madonna in Trono, detta anche Madonna della Schiavonea. Il dipinto ha secondo la leggenda origini miracolose. Nel 1648 la Vergine apparve ad una sentinella, Antonio Ruffo, detto Antonaccio, di guardia presso la Torre Cupo e gli chiese di far eseguire il suo ritratto. L'apparizione si ripeté per altre due volte e la Madonna prese un nastro che le pendeva dagli omeri e le cingeva in forma di croce il petto, e poi disse: "Prendi, mostralo, sarai creduto".
L'incarico di dipingere il quadro fu affidato al pittore "Scanardella" di Corigliano che iniziò il lavoro nella chiesetta di S. Andrea. Inspiegabilmente si trovò il viso della Vergine completato con tanta armonia e arte di cui lo stesso artista non sarebbe stato capace. Si gridò dunque al miracolo e il quadro venne trasportato nella Chiesa di S. Leonardo. Vi sono diverse ipotesi per quanto riguarda la derivazione del titolo dato alla Madonna di Schiavonea: esso potrebbe avere origine da un toponimo locale, dal colore bruno del viso, oppure dal luogo d'origine. L'appellativo, infatti, potrebbe derivare da schiavo, con riferimento alle frequenti incursioni dei Saraceni e dei Turchi nel secolo XVI-XVII. Le popolazioni del litorale, vivendo sotto l'incubo delle invasioni, diedero questo titolo alla Madonna in segno di riconoscenza per averle liberate dalla schiavitù dei Musulmani.
Certamente più antica della Madonna di Schiavonea, con la quale sembrerebbe presentare alcune analogie, è la Madonna col Bambino in trono, detta comunemente Madonna della Cappella, nella Chiesa dell'Assunta in San Lorenzo di Reggio Calabria. Questa grande tavola raffigura la Madonna seduta in trono che regge con la mano destra il Bambino e con la sinistra gli porge un frutto. Nell'icona sono evidenti i legami con la cultura bizantina, soprattutto nel volto della Vergine dal naso adunco e nella fisionomia del Bambino dalla fronte stempiata.
La Madonna col Bambino, detta anche Madonna degli Orefici, che sta sull'esterno del Duomo di Cosenza, è una copia della "Salus Populi Romani". L'immagine si diffuse soprattutto durante la Controriforma. Essa, comunque, nella tradizione devozionale calabrese è a volte conosciuta con il nome di "Madonna di Costantinopoli".
A livello iconografico esiste una doppia interpretazione di questo titolo mariano: una, quella che grosso modo corrisponderebbe ad una devozione di stampo popolare, ed un'altra dipendente da una diffusione legata agli Ordini religiosi e monastici all'indomani della controriforma. Quest'icona che risale alla prima metà del secolo XVII o di poco anteriore venne solennemente collocata all'angolo esterno del Duomo per devozione della maestranza degli orefici.
Nel Duomo vi è un'altra veneratissima icona collocata sull'altare marmoreo della "Cappella del Pilerio" (navata laterale a sinistra della Chiesa) in un ricco fastigio di marmi decorativi settecenteschi. Secondo la tradizione, un'antica Madonna si onorava nella Chiesa Madre di Cosenza, quando nel 1577, in seguito ad una pestilenza, l'icona venne considerata miracolosa per la salvezza della città. Nei primi anni del Seicento venne collocata più in vista, cioè sopra un pilastro del Duomo, da cui il titolo "Madonna del Pilerio".