di Romeo Bufalo
La figura di Giulio Cesare Vanini si inserisce nel clima post-controriformistico caratterizzato da pese di posizione fortemente critiche nei confronti degli eccessi dell'inquisizione e del rigido controllo sulle opinioni religiose e sui comportamenti pratici dei singoli esercitato dal potere ecclesiastico. Si diffuse, infatti, come reazione a questo stato di cose, uno spirito di indipendenza e di diffusa irreligiosità che, specie dopo le terribili guerre di religione che avevano insanguinato le contrade della Francia, assunse caratteri decisamente anticattolici.
E' all'interno di questo generale clima culturale-religioso che nasce e si diffonde in Europa il libertinismo, in cui alla critica della fede tradizionale si saldano atteggiamenti pratici e prospettive teoriche fortemente legati all'esaltazione della natura. Del pensiero libertino vanini è uno dei massimi rappresentanti.
Nato a Taurisano, in provincia di Lecce, nel 1585, studia a Napoi e a Padova, dove conosce il pensiero neoaristotelico di Pietro Pomponazzi, attraverso il quale si ricollega al naturalismo di Averroè. Ma evidenti sono anche i legami con cardano, Bruno e, in genere, il pensiero naturalistico rinascimentale.
Vanini è un irrequieto (come quasi tutti gli eretici); e, come Bruno prima di lui, comincia a girare per l'Europa (fu in Germania, nei Paesi Bassi, in Francia, in Inghilterra e di nuovo in Francia). Nel 1516 pubblica a Lione l'Amphitheatrum aeternae providentiae (Anfiteatro dell'eterna provvidenza); e, l'anno successivo, a Parigi, il De admirabilis naturae reginae deaeque mortalium arcanis (I meravigliosi arcani della natura, regina e dea dei mortali).
Il primo di essi è formalmente rivolto contro i filosofi atei e pieno di eccessive dichiarazioni di sottomissione alla Chiesa di Roma. Ma dietro queste dichiarazioni di ortodossia, emerge già qualche aspetto interessante. Vanini dice, per esempio, che, anche se l'attività di Dio di estendesse alle azioni delgi uomini, queste ultime non cesserebbero per questo di essere e rimanere libere.
Nei dialoghi contenuti nel De admirabilis lo spirito corrosivo e irriverente di Vanini emerge con maggiore evidenza. Soprattutto nella IV parte del libro viene condotta, sulla scorta di Cardano e Pomponazzi, una spiegazione naturalistica di tutti i fatti miracolosi delle diverse religioni. Vi si sostiene, fra l'altro, che gli indemoniati sono persone malate dall'immaginazione esaltata, che dovrebbero rivolgersi ai medici piuttosto che ai preti; infine, che l'anima è mortale come tutte le cose della natura, le quali nascono, vivono e periscono.
Questi scritti provocarono subito reazioni allarmate all'interno del mondo rigidamente chiuso dell'ortodossia cattolica a causa della corrosiva ironia e del tono provocatoriamente spregiudicato della scrittura di Vanini, oltre che dell'empietà eretica di alcune critiche più o meno esplicite in essi contenute. Sostenere infatti, come fa Vanini soprattutto nel De admirabilis, l'eternità della materia, l'omogeneità della sostanza celeste e di quella sublunare e, in particolare, l'identità di Dio con la forza naturale che regge l'universo (per di più in modo sarcastico e corrosivo) era veramente troppo per i solerti custodi della Verità della Fede, notoriamente privi, fra l'altro, anche del senso dell'ironia!
La condanna per eresia, infatti, non si fece attendere. Ad essa seguì l'arresto del filosofo (in seguito ad immancabile delazione) e la condanna, quale reo di ateismo, "ad avere tagliata la lingua, bruciato il corpo a fuoco lento e le ceneri sparse ai quattro venti". Venne bruciato a Tolosa il 9 febbraio del 1619, esattamente 19 anni e 8 giorni dopo Giordano Bruno.