Se la Calabria fosse il 26° "Paese" aggiunto all'Unione Europea a 25, i suoi
dati socio-economici la posizionerebbero al 26° posto, cioè l'ultimo in fondo
alla classifica, anche dietro i paesi ex-comunisti neo comunitari.
Prodotto interno, reddito pro-capite, occupazione, sistema delle infrastrutture
e dei servizi: in nessuno dei suddetti indicatori ci scostiamo dal fondo della
classifica.
A sua volta, la provincia Crotonese si posiziona in fondo alla classifica tra le
cinque province calabresi.
Una continua ricerca di una identità socio-economica "post-industriale" di cui
non si riesce ad individuare lo sbocco; re-industrializzazione, agricoltura,
turismo e/o servizi.
La mancata capacità di una scelta di fondo, che non per forza deve escludere la
integrazione tra le varie possibilità, evitando però le incompatibilità e le
incongruenze, ha determinato da un lato un ritardo nell'affrontare i problemi
socio-economici sempre più incombenti, a partire dall'occupazione, soprattutto
giovanile e scolarizzata, dall'altro si sono inseguiti "miti e chimere" del tipo
"Sovvenzione globale" e "Contratto d'area", i cui risultati, in termini
occupazionali, non hanno corrisposto alle ingenti risorse messe in campo.
Ho aperto questa breve riflessione sulla "cooperazione" con uno spaccato sulla
realtà del Crotonese, non per sottolineare, ancora una volta, i nostri limiti ma
per collegare la realtà, con i suoi bisogni, con le iniziative possibili per
trasformarla.
Trovarsi al 26° posto della suddetta immaginaria classifica ha un solo
vantaggio: si può solo risalire. Ciò detto penso tocchi agli "attori" del
territorio "rimboccarsi le maniche", come si diceva una volta, e ognuno per le
proprie responsabilità, competenze e potenzialità, "cooperare", dal "basso" e in
sinergia, per risalire la china.
Ho usato il termine "cooperare" non a caso e non perché ci "sto dentro", ma
perché credo che questa sia la sola possibile per uno sviluppo endogeno che
metta insieme le risorse che il territorio può offrire.
Una cooperazione in senso lato, per unire gli sforzi imprenditoriali,
professionali e politici del territorio, una cooperazione di "impresa" per
mettere assieme risorse economico-professionali, che da sole non avrebbero il
peso necessario ad avviare una iniziativa imprenditoriale di successo.
Una "cooperazione" che metta assieme e utilizzi la migliore risorsa che il
territorio oggi è in grado di fornire e di cui si ha più disponibilità, la forza
lavoro, soprattutto giovanile.
Se è vero, per come risulta dai dati anagrafici della città capoluogo, che negli
ultimi otto anni quasi ottomila giovani, tra i 18 e 38 anni, hanno trasferito la
loro residenza in altra località, ciò non può che determinare un impoverimento
immediato di "saperi", "conoscenza" e "professionalità", ed ipotecare un futuro
di anziani ed emarginazione.
Occorre uscire dal circolo vizioso, i giovani vanno via perché non vi sono
prospettive per il futuro, non c'è futuro perché i giovani vanno via.
Abbiamo la necessità di fare grandi investimenti, non solo e non tanto
finanziari, quanto e soprattutto sulle persone, sui giovani e sulle idee di cui
loro sono portatori.
Investire sulle persone significa mettere al centro di ogni iniziativa la
capacità dello stare assieme, del collaborare, del fare gruppo, del fare impresa
partendo dalle persone e dalle idee prima che dai beni materiali e finanziari,
sia pure anch'essi necessari.
Se si concorda con questa analisi e premessa, la "cooperazione" può essere una
risposta credibile ad una ipotesi di sviluppo che parta dal "basso", investa la
sfera decisionale della "persona", dia una risposta concreta al bisogno di
lavoro delle giovani generazioni in fuga verso altri territori.
I dati economici, specifici del mondo cooperativo, dimostrano come in questi
ultimi anni, di fronte ad una erosione dell'occupazione, al netto del multiforme
e variegato mondo dei lavori variamente aggettivati, che ha investito tutto il
mondo imprenditoriale, il sistema cooperativo, non solo ha tenuto, ma ha visto
il crescere dell'occupazione interna.
Dato coerente con l'essere cooperativa, dove al centro dell'impresa, quale vero
capitale sociale, vi è il "socio" con la sua professionalità e sapere,
patrimonio da difendere e preservare.
Nella stessa Calabria il movimento cooperativo presenta dei dati importanti;
Legacoop, che è una delle quattro associazioni nazionali, dati 2002, ha 388
cooperative aderenti con 13.000 soci, 2500 occupati e un fatturato di €
67.500.000,00.
In provincia di Crotone, sempre dati 2002, aderenti a Legacoop operano 47
cooperative con 1700 soci e 511 addetti e con € 10.000.000,00 di fatturato.
Numeri non rilevanti in assoluto, ma di un certo rilievo se inseriti nel
contesto regionale e provinciale.
Nella recente storia della realtà territoriale crotonese, prima ancora della
nascita della provincia, la cooperazione ha svolto un ruolo, non secondario,
dello sviluppo a partire da quello agricolo nella fase successiva
all'occupazione delle terre e alla riforma agraria.
Neo-agricoltori associati nei vari settori di produzione, olio, vino,
ortofrutta, allevamento avicolo e bovino, hanno costituito momenti cooperativi
importanti.
L'evoluzione economica del territorio, negli anni 50-80, con lo spostamento
della forza lavoro verso l'industria aggiunto ad un deficit imprenditoriale
proprio del territorio, in quegli anni, con difficoltà a reperire dirigenti
capaci di proiettare la nostra economia agricola, ai primi passi, sui mercati
nazionali ed esteri, ha fatto sì che gran parte di quelle esperienze venissero
chiuse con grave e irreparabile danno non solo per gli stessi contadini ma e
soprattutto per l'economia del territorio.
Le cooperative agricole oggi presenti sul territorio crotonese sono troppo poche
per costituire la massa critica necessaria a fare "sistema", la loro
incentivazione soprattutto nella produzione di tipicità specifiche del
territorio, olio, vino, prodotti caseari e salumi, e con l'inserimento di
produttori di una certa consistenza, potrebbe collaborare, con altre iniziative
negli altri settori, a dare una valida risposta e impulso per lo sviluppo del
territorio.
Sono presenti, ancora, sul territorio cooperative in vari settori dell'economia,
ristorazione, pulizie, gestione commerciale, pesca, turismo, archeologia e
altro, che, nel loro piccolo, concorrono sia a dare risposte in direzione del
lavoro che a fornire beni e servizi per la collettività.
Discorso a parte per le cooperative sociali, la cui missione è quella di dare
risposte ai bisogni della gente, quella più svantaggiata e bisognosa di aiuto
che lo Stato non sempre, o quasi mai, è in grado di dare.
È questo un settore in cui, pur in presenza di alcune punte di eccellenza, è
maggiore il gap tra i bisogni e la capacità del mondo cooperativo a dare le
giuste risposte, surrogando le inadempienze e le debolezze del "pubblico", alle
domande di aiuto dei "diversamente abili" inteso nell'estensione massima del
termine.
Si rincorre l'emergenza, sempre a fatica e in maniera parziale, non si parla
affatto della "qualità della vita", del tempo libero e di quant'altro è oggi
necessario per definire degli standards di vita accettabili.
Ruolo determinante per qualsiasi politica del e sul "sociale" è quello
dell'Amministrazione pubblica, Provincia o Comune che sia, senza i quali è
praticamente impossibile programmare e gestire il pur minimo "servizio".
Ho lasciato in fondo la disamina sul settore dell'edilizia, non tanto quello
delle costruzioni sul quale i tentativi degli anni '80 non hanno prodotto
risultati apprezzabili e duraturi, quanto la cooperazione di abitazione che a
partire dagli anni '70 ha costituito un punto di riferimento anche per la
cooperazione regionale.
Basti pensare che una sezione della Lega delle Cooperative e Mutue è presente a
Crotone prima della nascita ufficiale della Lega regionale.
La crescita demografica degli anni 50-80, determinata dalla presenza
dell'apparato industriale e dal suo indotto, aveva avuto, come conseguenza
diretta, un riflesso nella domanda di "casa" molto elevata.
Domanda a cui il mercato dell'offerta non era in grado di rispondere, sia in
termini quantitativi che per i costi, non accessibili alle retribuzioni operaie
di prima generazione. Tutto ciò aveva determinato un disagio sociale,
coabitazioni e quanto altro, a cui si era reso necessario dare una risposta.
I tre fattori che hanno consentito questa risposta sono stati: le leggi di
finanziamento sulla casa frutto delle lotte sindacali degli anni '60; la
lungimiranza dell'Amministrazione comunale del tempo capace di dotare Crotone di
un PRG, una tra le poche città calabresi, con dentro aree P.E.E.P. (la famosa
legge 167); un movimento cooperativo del settore abitazione capace di attivare
tutti i finanziamenti pubblici possibili, utilizzare il poco risparmio dei soci,
ricorrere al mercato finanziario per reperire le risorse necessarie per la
realizzazione di migliaia di alloggi.
Le cooperative Unitaria, Consorzio Montedison, Scintilla, Benincasa, Oriente,
Giove, per citare solo alcune di quelle aderenti a Legacoop, alcune ancor oggi
operanti, assieme a tante altre hanno contribuito a realizzare interi quartieri,
unendo qualità e prezzo e rispondendo al bisogno primario di migliaia di
cittadini.
Anche i pochi casi, che per alterne vicende, hanno dovuto affrontare dei
problemi, non sempre semplici, alla fine sono riusciti comunque a dare una
risposta positiva ai propri soci.
Oggi questo settore, razionalizzato e professionalizzato, è impegnato alla
realizzazione di pezzi di città, alla riqualificazione di interi quartieri, alla
dotazione dei servizi all'abitare, con una nuova e più ampia "missione";
trasformarsi da cooperazione di abitazione a cooperazione di "abitanti".
Una cooperazione matura e dotata di professionalità è quella che, oggi, offre al
territorio provinciale la sua disponibilità a concorrere per il superamento
degli attuali momenti di difficoltà, in ampi settori della vita sociale ed
economica, partecipando ai "tavoli" della programmazione e progettazione,
potendo contare non solo sulle proprie forze, ma anche sul "sistema" nazionale
Legacoop, in mutate condizioni rispetto al passato, non più come mercato da
conquistare ma come partner con cui dialogare ed operare.