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Labriola, la filosofia, l’università e altro

di Vincenzo Orsomarso


La seconda edizione del libro di Nicola Siciliani de Cumis, Filosofia e università. Da Labriola a Vailati 1882-1902, Torino, Utet 2005,esce opportunamente nel momento in cui Antonio Labriola e la sua Università è lo specifico tema che l’Università di Roma «La Sapienza» ha scelto per etichettare le proprie iniziative in memoria del Labriola professore e scienziato nel centenario della morte (1904- 2004): da un lato, con un Convegno svoltosi il 2 e il 3 febbraio 2004 nella facoltà di Filosofia; da un altro lato con una Mostra documentaria realizzata tra il 2004 e il 2005, mediante una collaborazione tra la Prima Università di Roma, l’Archivio Centrale dello Stato (EUR) e l’Archivio di Stato di Roma (antica sede della «Sapienza»).
Iniziative accompagnate dalla pubblicazione per le edizioni Aracne di un ricco e voluminoso Catalogo, Antonio Labriola e la sua Università, curato sempre da Nicola Siciliani de Cumis, e da una serie di seminari di approfondimento svoltisi durante i mesi di marzo e maggio del 2005 nel quadro di lezioni della prima cattedra di Pedagogia generale, e relativi ai temi presenti tanto nella Mostra quanto nel Catalogo.
Ritornando al testo di Siciliani de Cumis, Filosofia e università, va detto che la prima edizione risale al 1975 (Urbino, Argalia, collana «Studi filosofici» diretta da Leo Lugarini, Pasquale Salvucci, Livio Sichirillo), la seconda rispetto alla prima presenta solo qualche aggiunta, modifica e un aggiornamento bibliografico e poche variazioni di forma. Una scelta che si spiega per la validità che ancora hanno i motivi posti alla base dell’edizione del 1975 a cui oggi se ne aggiungono altri, di tutti è bene darne conto in questa sede.
In primo luogo, con questa indagine, si è trattato di presentare un’esauriente esposizione delle proposte del Cassinate sulle «lauree in filosofia» e quindi «delle ragioni, senz’altro, della filosofia, nell’ambito dell’intrapreso vivacissimo dibattito sull’Università nell’Italia del “positivismo trionfante”»; proposte che suscitano un vasto dibattito prima, durante e dopo il primo Congresso dei professori universitari, tenutosi a Milano nel 1887.
Segue l’esigenza di circoscrivere, attorno al Labriola ed agli altri testimoni delle sue ipotesi filosofiche ed universitarie, un dinamico campo di interferenze ideologiche «un moto di molteplici influssi, di fruttuose coincidenze d’opinioni, e di intrecci, tra le varie tendenze dominanti nel clima della cultura post - risorgimentale. Di qui, ancora, la necessità di riprendere, in tutta la sua ampiezza e complessità quell’unico, lavoratissimo tessuto d’idee, nel quale sembrano finalmente ritrovarsi, in un senso inscindibile, tanto i fili della formazione del Labriola, quanto il disegno, e le tinte, della sua prima fortuna tra i più noti e autorevoli intellettuali del tempo» (p. VII).
Altra giustificazione addotta dall’autore nella prima edizione riguarda l’intento di «offrire in qualche modo, ma sempre insistendo sull’importanza della predominante figura del Labriola, una pressoché inedita cronaca di filosofia italiana, nell’arco del ventennio, dal 1882 al 1902» (Cfr. p. XVI).
Ai motivi sopra citati, addotti trenta anni fa a giustificazione della prima edizione e che, come dicevamo, mantengono tuttora una particolare rilevanza, ne vanno aggiunti altri, motivi di occasione, precisa l’autore, ma non solo a parere di chi scrive visto che anche oggi, ovviamente in un contesto profondamente mutato, tocca confrontarsi a proposito di scuola e di università con «due pregiudizi egualmente perniciosi alla cultura: il volgare tradizionalismo e lo specialismo esasperato» (p. 107), nel nostro caso tutto dipendente da una visione dell’istruzione e della formazione immediatamente funzionale alle esigenze dell’accumulazione, qualcuno addirittura nelle sedi istituzionali si è spinto a teorizzare una sorta di just in time dell’istruzione, una presa diretta con un mercato sottoposto alle continue sollecitazioni prodotte da incessanti processi di innovazione che al contrario richiedono elevate capacità di autoapprendimento, quindi quella solida cultura generale e filosofica che il Labriola considerava valida per tutti gli studenti, indipendentemente dall’indirizzo di studio.
Una tesi esposta per grandi linee nella lettera del 12 luglio 1887 al Direttore della «Tribuna»; nel testo Labriola critica il concetto espresso dalla legge allora vigente, secondo cui «non c’è che una sola via per diventare filosofi; quella cioè degli studi filologici», quando invece la filosofia non deve essere «un completamento obbligatorio della storia e della filologia, ma un complemento, invece, facoltativo di qualunque cultura speciale: storica, giuridica, matematica, fisica o che altro siasi. Alla filosofia ci si deve potere arrivare didatticamente per qualunque via, come per qualunque via ci arrivarono sempre i veri pensatori» (pp. 20-21). Sulla proposta, «un po’ostica alla prima», il Labriola ritorna nella relazione al convegno di Milano del settembre 1887, questa volta articolandola in termini interlocutori ma precisi, propri di chi ha conoscenza ed esperienza di ordinamenti scolastici e universitari. Rafforzato nelle sue convinzioni dai lunghi articoli di giornale in cui le questioni, dallo stesso Labriola toccate nella lettera alla «Tribuna», erano state «ampiamente svolte con efficace sussidio di ottimi argomenti e prove», così come dalle «molte lettere private» di studiosi prodighi di «suggerimenti e consigli». Da tali «suggerimenti e consigli risultano [ …] le proposte formulate più innanzi» dal Cassinate, che oramai considera proprie «di tutti gli egregi colleghi, coi quali» ha «tenuto una viva corrispondenza per ben due mesi» (p. 104).
Quanto Labriola va proponendo poggia su una riflessione decisamente complessa maturata nel tempo e che si approfondirà negli anni successivi. L’insegnamento viene visto con nettezza come strumento essenziale per la formazione dell’uomo e la trasformazione della società; mentre nell’università, come scrive Garin nella prefazione, Labriola «individuò anche il punto in cui il sapere, la scienza, si innesta nel processo storico dell’umanità».
Tutto ciò lo indusse a riflettere «sul rapporto fra le varie discipline, e fra le varie Facoltà, e a proporsi a un tempo i problemi generali della filosofia e i temi specifici dell’organizzazione dell’insegnamento superiore». Da qui la questione del significato e del compito della filosofia nella problematica moderna, e il nesso fra le discipline filosofiche da un lato, e, dall’altro, tra la filosofia «le scienze della natura, le scienze matematiche, e le scienze – se tali siano – morali, storiche e “umane” in genere. Il che, poi, significa mettere in discussione, attraverso l’ordinamento universitario, tutta una secolare tradizione di cultura, che in Italia è venuta saldando filosofia e filologia, assegnando a questa una posizione privilegiata per l’accesso alla filosofia, e predeterminando come unica valida una concezione “retorica” del filosofare» (pp. IX-X).
Il senso del ragionamento del Cassinate non prescinde da una idea di filosofia «aperta alla virtuale filosoficità del non-filosofico e commutabile nella storicità dell’azione riformatrice universitaria. [ …]. Un hegelismo – scrive Siciliani -, che se com’è noto risente della curvatura dello hebartismo e dell’influenza positiva dei circostanti positivismi, viene tuttavia a confermarsi refrattario così ad ogni scolastica hegeliana come a qualsiasi sistema-prigione di stampo hebartiano» (p.XVII).
La sua è una filosofia che rifiuta di chiudersi in un sistema e che cerca di misurarsi con il nuovo che va emergendo nella realtà, il tutto da tradurre, con le dovute accortezze, pedagogicamente e politicamente. Operando quindi, nello specifico caso, nella direzione della trasformazione delle fondamenta dell’istituzione universitaria e di conseguenza «dei modi di intendere la società e i suoi valori, l’educazione e i suoi strumenti, i contenuti e i metodi d’insegnamento, la definizione e l’ organizzazione della cultura» (XVIII).
Questi e altri temi percorrono Antonio Labriola e la sua Università, un testo ricco e denso di contributi che dalla «filosofia del catalogo», dopo aver esposto il vivace dibattito del 2-3 febbraio 2004, a cui hanno partecipato tra l’altro Fulvio Tessitore, Gennaro Sasso, Luigi Punzo, Giuseppe Spadafora, Ignazio Volpicelli, Alessandro Sanzo e altri studiosi, raccoglie contributi che affrontano i diversi e complessi terreni labrioliani. Dalle questioni socratiche, trattate da Emidio Spinelli, alle intuizioni, presenti negli Scritti pedagogici, a proposito di metodologia sperimentale e ricerca educativa su cui si sofferma Giuseppe Boncori. Ancora, Antonio Labriola fra Croce e Gentile di Giovanni Mastroianni, Diritto e stato nei “Saggi sul materialismo storico” di Luigi Punzo, e altri interventi di cui non possiamo dare conto in questa sede e ce ne scusiamo con gli autori.
Seguono le pagine dedicate alla mostra e alle mostre su Antonio Labriola e la sua Università; infine una serie di contributi specificatamente interessati al Cassinate professore universitario, alle tesi di laurea dei suoi studenti. Vale la pena ricordare, per tutta una serie di implicazioni didattiche e filosofiche, quella di Luigi Basso, Sul metodo delle scienze sociali, introdotta, nel catalogo, da una stimolante nota di Franco Ferrarotti.
Quello che viene fuori nell’ultima parte del volume è l’impegno didattico e istituzionale del Labriola, il tutto sostenuto da una documentazione inedita, curata da Siciliani de Cumis e da un nutrito gruppo di giovani ricercatori.
Antonio Labriola e la sua Università ha il merito di fare il punto su quanto la ricerca labrioliana ha prodotto nei diversi ambiti in cui si è articolata. Un approdo ma anche un punto di partenza per ulteriori indagini su un’opera complessa e articolata, dai tratti a volte contraddittori ma che resta un prezioso deposito su cui è necessario continuare a scavare.



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