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Crescere un figlio al Sud per finanziare il settentrione

di Luciano Gallino


La forza lavoro è un fattore di produzione. I fattori di produzione debbono affluire, nell'interesse di tutti, là dove sono meglio remunerati. E’ quindi un bene che uomini e donne delle regioni del Sud e delle isole, visto che incontrano difficoltà a trovare lavoro sul luogo, si trasferiscano nel Centro-nord, dove le possibilità di occupazione sono mag¬giori. Questa è la lettura più ovvia dei dati Istat sulle migrazioni interne, i quali dicono che di contro ad oltre 150.000 persone che si so¬no trasferite dalle prime regioni alle seconde, meno della metà hanno seguito il percorso inverso. Inoltre è probabile che coloro che sono partiti per il Centro-nord siano in media più giovani e istruiti di quelli che hanno compiuto il percorso inverso. Tale lettura della ripresa delle migrazioni interne non tiene conto di due aspetti: la riproduzione fisica e culturale degli esseri umani prima che siano capaci di fornire forza lavoro costa molto; e le regioni che si privano dei loro giovani ricevono ben poco in cambio, poiché la maggioranza di essi mette su famiglia nel luogo di arrivo, piuttosto che inviare rimesse al paese d'origine. Perciò, se le regioni del Mezzogiorno cedono a quelle del Centro-nord decine di migliaia di lavoratori all'anno, ciò significa in buona sostanza che le prime finanziano lo sviluppo delle seconde. Non si tratta di inezie. La co¬pertura dei costi dell'uomo richiede varie migliaia di euro l'anno come sa bene chiunque stia allevando o mantenendo dei figli al¬meno sino al conseguimento di un diploma. Da zero a 20 anni, il totale può dunque superare in media i 100.000 euro, ovviamente con grandi variazioni a seconda del livello di vita della famiglia e del grado di istruzione raggiunto. Per quanto grezzo sia il calcolo, esso prospetta che nel caso in cui un elevato numero di giovani delle regioni meridionali riprendesse la via del Centro-nord, quelle regioni ricomincerebbero a finanziare il secondo con parecchi miliardi di euro l'anno.
Di fatto il finanziamento del Nord da parte del Sud tramite massicci flussi migratori ha caratterizzato gli anni '50 e '60 del secolo scorso; cinquanta anni dopo si poteva sperare che il Sud avesse finalmente la possibilità di occupare sul luogo i giovani di cui ha sopportato i costi di riproduzione materiale e culturale. Naturalmente, meglio occupati al Nord che disoccupati nella propria città. I dati Istat dovrebbero però indurre sia i ricercatori che i politici a chiedersi quali vie seguire per superare questo paradosso, di regioni il cui alto reddito è sostenuto in non poca misura da quelle a reddito minore.

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(da "Il Quotidiano della Calabria")



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