Il teatro contemporaneo è popolato di corpi non sani, mutilati, putrefatti, marci,troppo
grassi o troppo magri: Nella Fedra di Sarah Kane, Ippolito è un giovinastro grasso e
debosciato che fa sesso per noia, sporco e perennemente intento a guardare la
televisione, mangiare patatine fritte e hamburger e a giocare con macchinine
telecomandate. Correlato della malattia dei corpi è il divenir figura dello spettacolo,
l’atto del mangiare, il cibo, con connotazioni divaricanti: l’aspetto integro, organico,
il cibo che procura benessere, e l’aspetto malefico, del cibo-merce che corrompe i
corpi e l’anima. Nel primo caso gli spettatori sono i commensali di una cena la cui
preparazione e il cui consumo costituisce lo spettacolo: i performer cuociono il pane,
preparano la pasta, distribuiscono i piatti: ogni spettatore ha il suo panchetto
apparecchiato con acqua,vino, pane, formaggio, noci,mele ( Teatro delle Ariette
,Teatro da mangiare,ottobre 2003).
Il teatro di Rodrigo Garcia ( argentino di origine e spagnolo d’adozione) rientra nel
secondo caso..In Storia di Ronaldo il pagliaccio del Mc Donald’s,i corpi dei
performer, ricoperti di salse e condimenti, sono preparati come prodotti da
mangiare,come il cibo che viene esposto in teche come oggetto o reliquia, in un
processo di totale reificazione in cui l’Happy Meal, la confezione più popolare del
Mc Donald’s, diventa una installazione, mentre in scena, in una luce caravaggesca,
sul corpo nudo di un performer – vittima, il cui carnefice è invisibile - in preda a
convulsioni, viene versato del latte. Si tratta di un rito di purificazione di un corpo la
cui sofferenza è. provocate dai pasti del MacDonald’s. E’ un rito di purificazione
violento perché i guasti procurati al corpo e alla mente dall’ingurgitare il cibo
corrotto del Mc Donald’s, hanno intaccato profondamente l’integrità psicofisica
dell’individuo: infatti ai due performer vengono strappate le budella e.riposte in un
vaso (come gli organi esposti alla Specola di Firenze) e alla fine dell’estrazione degli
organi infetti, la scena viene ripulita con aspirapolvere e abbondanti getti d’acqua.
Il teatro di Rodrigo Garcia è rituale, orgiastico ( dopo la danza frenetica il cibo
straripa dalle teche e viene sparso sul pavimento e sui corpi, vino, latte, arance,
pomodori), primitivo, dalle polarità contrapposte di bene e male., mette in azione
modi di deterritorializzare le forme mercificate attraverso il divenire escremento del
cibo, sputo, grido di rabbia per un corpo oltraggiato.
Anche per Agamennone,che non viene presentato certamente come l’eroe vittorioso
che finalmente ritorna in patria dopo dieci anni di guerra, sul quale si abbatte la
maledizione di Tiesta, per cui da vincitore passa alla condizione di vinto, Garcia –
che ha riscritto il testo - “parla di guerra e di cibo. “Un banchetto di polli allo spiedo
che offriremo al pubblico alla fine dello spettacolo, se vorrà dividerlo con noi.Polli
allo spiedo come turisti rosolati sulle spiagge del Terzo Mondo/Polli allo spiedo
come alimento che non arriva al Terzo mondo. Polli allo spiedo nelle loro casse da
portare a casa ,come cadaveri di soldati rimpatriati “(R. Garcia,Programma di sala
dello spettacolo,p.1). Secondo lo stile della società opulente, il cibo non è qualcosa di
primario, necessario alla sopravvivenza dell’uomo, per cui può essere
defunzionalizzato: in scena i performer spaccano a metà cocomeri e li usano come
elmetti dei caschi blu dell’Onu e arrivano a indossare perfino vestiti fatti di grappoli
d’uva e pantaloni fatti di carne. Ma se i performer diventano cibo, il cibo così privato
della sua funzione primaria e originaria, diventa vomito, viene espulso dal corpo in
un gesto incontrollato di ribellione: il vomitare ciò che si è ingerito ( sindrome
connessa alla malattia dell’anoressia) è una forma inconscia di reazione al progetto
di assimilazione delle singole identità che passa attraverso la digestione e
assimilazione del cibo .
Il ciclo del mangiare, espellere ( defecare-vomitare) si completa con l’azione di
essere mangiati ,divenr a sua volta, cibo: nel Filottete di Muller gli uomini mangiano
i corvi e insieme il corpo malato, ferito, putrefatto di Filottete diventa pasto per corvi,
uccelli e cani. Nei suoi testi per il teatro, il paesaggio di detriti della società
industriale (Paesaggio con Argonauti), di derive meccaniche e di scheletri
inorganici, convive con i corpi in decomposizione e putrefazione, le carcasse marce.
E un paesaggio che ha qualcosa in più rispetto a quello inorganico, l’odore della
carne fresca in decomposizione, il puzzo di carogna, la carne e le ossa fatti a pezzi e
alla mercé di cani e avvoltoi i cui versi, nella messainscena di Matthias Langoff,
ricorrono lancinanti e acuti durante tutto lo spettacolo Apoteosi della decomposizione
del ciclo olistico e anticristiano-anti-cattolico- anti-giudaico del divenire della natura
in cui è incluso l’uomo, senza un ruolo speciale rispetto agli altri esseri della natura.
L’indistinzione fra essere umano e animale, fra spirituale e materiale, si ritrova anche
nel video di Bill Viola, I don’t Know what’sI’m like ( 1986), ma senza il
raccapriccio e la sofferenza che c’è in Muller, né la rabbia di Rodrigo Garcia, come
consapevolezza zen di far parte di un grandioso processo di nascita morte e rinascita
della materia che è essa stessa spirituale.
Nel teatro di Rodrigo Garcia invece il ciclo del mangiare, assimilare, digerire,
evacuare, e ricominciare da capo, si presenta completamente reificato: nella prima
parte di Agamennone un performer ( con la faccia d’angelo) viene obbligato a
mangiare banconote che si trasformano, digerite e defecate, in giocattoli, detersivo
per lavatrice e perfino in un rolex d’oro, corrispettivo di una banconota di cento
euro…
Siamo in una piena inversione di valori e di funzioni: l’attrazione per il cibo lascia il
campo al disgusto, al vomito, al cibo –spazzatura del Mcdonald’s come modello
della catena alimentare globalizzata . Il vomitare è la reazione al progetto di
digestione del soggetto da parte dell’impero (Negri) che, attraverso il cibo-merce,
cattura nella sua rete di relazioni e comportamenti l’individuo che diventa così un
perfetto esecutore del dettato “consuma-caca-fotti”. Il vomitare è una forma di odio:
qualcosa che si è tentato di ingerire/digerire e che invece viene espulso dal corpo,
azione fisica non intellettuale. L’isolarsi di Ippolito nella Fedra , è anch’esso rifiuto
e disprezzo della logica che regola la società e la famiglia cui appartiene, rifiuto di
esercitare il potere e di godere del prestigio ( i doni ), non condivisione , sesso
consumato senza piacere, come gli oggetti di cui si riempie la stanza e con i quali
gioca svogliatamente.
In questa prospettiva si ribaltano anche i valori del corpo perfetto, curato, estetizzato
da ginnastiche e cosmesi per cui la scena esibisce sconcezze,putredine, gesti sonori
bassi ( i rutti e le scorregge della galleria di figure grotteschi di Cinico video di Ciprì
e Maresco).
.Se la società dei consumi di massa sottrae senso alle azioni, direzione alle storie e
dialettica al dialogo, lo spazio di libertà è la ribellione insensata: dar da bere alcool
anziché latte al bambino, andare al supermercato, riempire l’automobile di merci
senza valore d’uso, inutili, in quanto non corrispondono a bisogni reali e “poi a casa
distruggere ogni cosa e picchiare il figlio e la moglie.” Non c’è posto per
l’esperienza, il cibo non si assimila, non produce benessere del corpo e della mente,
integrità, ma il virus-vomito. L’ossessione del cibo nel teatro (e nella società
contemporanea) lo fa diventare un topos figurativo, un paesaggio :questo è possibile
proprio perché il cibo ha oltrepassato la cornice della sussistenza , come del
desiderio, della fame come del piacere sensoriale ed è diventato cosa fra le cose: fra
un pollo allo spiedo e il corpo di un soldato c’è interscambiabilità, nel senso che i
polli allo spiedo possono sostituire i cadaveri dei soldati morti ed essere deposti nelle
bare-contenitori.
…. Quanto è lontano l’inno al ragù domenicale in Sabato Domenica e Lunedì (1966
)di Eduardo De Filippo, la scena del pranzo in cui la famiglia condivide il piacere il
piacere delle tagliatelle, della conversazione e delle tradizioni; ma anche La grande
bouffe (1973), il film di Marco Ferreri in cui quattro amici hanno deciso di darsi la
morte per overdose di pietanze prelibate, morire non di dolore, ma per il piacere del
cibo e del sesso: Ugo (Tognazzi) muore mangiando una cupola di fegatini mentre si
fa masturbare e Philippe (Noiret) affoga in un enorme budino a forma di seno.