La prima osservazione che va fatta, da chi, all’inizio del XXI secolo, cerchi di spingere il proprio
sguardo verso il futuro per capire che cosa avverrà nel mondo dell’informatica, è un’osservazione di
carattere terminologico: ormai, l’informatica vera e propria non esiste più, essendosi questa
disciplina fusa con quella delle telecomunicazioni per formare la telematica o, in inglese, la ICT
(Information and Communication Technology). Il termine “informatica” può ancora essere usato (e
di fatto è tuttora molto diffuso), ma con il significato allargato di cui abbiamo appena detto.
La seconda osservazione è che un discorso sul futuro di un insieme di tecnologie e delle loro
applicazioni evoca immediatamente il tema dell’innovazione. Quali sono i rapporti tra innovazione
e ICT? Diciamo subito che l’ICT ha a che fare con tutti i tipi di innovazione: quella di prodotto (dei
prodotti dell’ICT stessa), quella di processo (molti processi industriali e commerciali si avvalgono
degli strumenti dell’ICT) e quella organizzativa (che è nella grande maggioranza dei casi dovuta
all’introduzione dell’ICT e dei progressi compiuti dall’ICT nelle organizzazioni). Non potendo
discutere il futuro di tutti questi tipi di innovazione perché il discorso sarebbe troppo lungo e
complicato, ci limiteremo qui a quello dell’innovazione di prodotto, che è comunque spesso alla
base di altri tipi di innovazione, e di alcune ricadute sociali di questo tipo di innovazione.
Ma, anche con l’introduzione di questa limitazione del soggetto, vi sono molte altre domande.
Come funziona l’innovazione in ICT oggi, e come funzionerà nel prossimo futuro? Continuerà con i
ritmi del recente passato e del presente? In quali campi dell’ICT soprattutto?
L’ICT è uno dei settori tecnologici che ancora cambiano più rapidamente. Il ritmo dell’innovazione
non è stato molto rallentato dalla profonda crisi economica con cui si è aperto il nuovo secolo. Ci si
deve pertanto aspettare che lo sviluppo dell’ICT e delle sue applicazioni continuerà a velocità
sostenuta ancora per molti anni. Occorre però distinguere, parlando delle applicazioni e quindi
dell’influenza concreta dell’ICT sulla società umana, l’innovazione dal cambiamento. Dato che solo
alcune delle innovazioni introdotte vedono la luce e arrivano al mercato, il cambiamento indotto
dall’ICT (come da qualunque altra tecnologia) è più lento dell’innovazione nello stesso campo. Le
cause dell’insuccesso di talune innovazioni sono molteplici; qui ricordiamo soltanto le resistenze
del mercato (a loro volta attribuibili a diverse cause, come l’essere il nuovo prodotto troppo in
anticipo o troppo in ritardo, le carenze del marketing e della comunicazione, gli errori di strategia o
di tattica, e così via) e la cosiddetta “innovation fatigue”, cioè i fenomeni di rigetto da parte dei
potenziali clienti, talvolta innescati da una innovazione troppo rapida e non sufficientemente
“radicale”.
Quale evoluzione dobbiamo dunque aspettarci per l’ICT nel prossimo futuro? Il tema è
semplicemente immenso. Nel breve termine avremo sicuramente una grande espansione delle reti a
larga banda, e quindi delle applicazioni video sia in Web che fuori Web, e dei “telefoni” (in realtà,
molto più vicini al computer che al telefono) mobili terza generazione. Un po’ meno sicura, ma
inevitabile (almeno nel medio termine), la diffusione della demotica, cioè delle tecnologie per la
casa intelligente. Ancora meno sicura, quella del libro elettronico.
Nel medio termine (ma con alcune realizzazioni già presenti o pronte tra breve tempo), nuove
tecnologie per i computer (la legge di Moore resterà valida almeno per altri dieci anni, secondo
alcuni per altri trenta; poi, i computer a semiconduttori dovrebbero essere sostituiti da computer
molecolari o quantistici); il cosiddetto “ubiquitous computing”, rappresentato da nuovi sensori e reti
senza fili di sensori capaci di controllare, per esempio, temperature e portare a grandi risparmi
energetici, da reti “ad hoc” che si organizzano sulle strade tra automobili per fare fronte ad
emergenze, da computer invisibili e dalle “bolle” che accompagneranno gli individui recando con sé
il contesto informativo di cui essi potranno avere bisogno in qualunque luogo e in qualunque
momento.
Vi saranno poi, sempre più importanti, i sistemi “embedded”, per esempio negli elettrodomestici,
nei veicoli di tutti i tipi, negli abiti e negli oggetti più comuni; sono ovvie le loro interazioni con i
progressi della demotica e dei computer invisibili, e con l’apparizione delle “bolle”.
Il progresso dell’ICT sta portando l’umanità verso una sempre più completa realizzazione della
cosiddetta Società dell’Informazione. Già ora, i cittadini di tale società hanno accesso, da qualunque
luogo e in qualunque momento, al più grande archivio mondiale di informazioni dei tipi più
disparati: il World Wide Web, un archivio con caratteristiche peculiari ma dall’uso sostanzialmente
gratuito. In futuro, essi saranno in grado di comunicare sempre più facilmente e a costi decrescenti
con altri esseri umani e con oggetti (elettrodomestici, vedicoli, sistemi di sicurezza, ecc.)
indipendentemente dalla loro posizione e distanza geografica, usare sempre più agevolmente servizi
come quelli di commercio elettronico, di e-government (per interazioni con la pubblica
amministrazione) e di e-democracy (per interazioni con politici, amministratori e altri cittadini
interessati al bene comune).
L’ICT si trova però a fronteggiare alcune sfide molto difficili, che potranno determinarne il corso
durante il prossimo secolo. Non si tratta di sfide tecnologiche, bensì di sfide politiche e sociali.
Dalla positiva risoluzione dei problemi che queste sfide propongono dipende non solo il successo
“pratico” dell’ICT, ma anche alcune delle “pieghe” più importanti che prenderà nel XXI secolo la
storia dell’umanità. Ne esamineremo brevemente quattro, che sono forse quelle principali: la sfida
della “privacy” e della sicurezza, la sfida del “diluvio” dell’informazione, la sfida dei diritti di
proprietà intellettuale e la sfida degli “spartiacque” digitali o dell’infopovertà.
Gli strumenti dell’ICT, e in particolare i database, gli algoritmi di “data mining”, i motori di ricerca
e i metodi per le ricerche incrociate, costituiscono grossi pericoli per la privacy degli individui e
delle organizzazioni. Le loro applicazioni nel marketing e nella gestione delle relazioni con i clienti
possono facilmente sconfinare in usi scorretti o addirittura illegali perché lesivi del diritto alla
riservatezza di questi soggetti. Sorge a questo proposito una domanda interessante: se la stessa ICT
che è all’origine di questi pericoli possa essere utilizzata efficacemente per proteggere gli stessi
soggetti da eventuali attacchi alla loro privacy. Questa domanda si pone anche per ciò che riguarda
la sicurezza. Per esempio, vi sono virus e altri tipi di attacco che possono distruggere informazioni
preziose o rendere un computer inutilizzabile; alcuni metodi di pagamento in uso sulle reti sono
vulnerabili ad intrusioni e sovvertimenti; e così via. Si può ricorrere alla stessa ICT per difendersi
da questi rischi?
Trovare risposte soddisfacenti a queste domande vorrà dire avere affrontato con successo la prima
delle sfide di cui ci occupiamo.
La seconda sfida, quella del diluvio dell’informazione, riguarda l’enorme quantità di informazione
che si produce oggi nel mondo e la capacità di selezionare da parte di ciascuno quella che interessa
senza essere travolto dalla valanga. L’organizzazione dell’informazione del Web inoltre lascia
molto a desiderare, così come la qualità dell’informazione stessa, di cui non esistono valutazioni
critiche accessibili agli utenti Web. Per risolvere tutti questi problemi, l’ICT è assolutamente
indispensabile: ma sarà in grado di farlo, e fino a qual punto?
Le stesse tecnologie che stanno aumentando a dismisura il numero e l’importanza dei beni da
proteggere con le norme del diritto di proprietà intellettuale, e cioè le ICT, sono quelle che
minacciano l’esistenza dello stesso diritto. Nella storia, è cambiato varie volte (in seguito a
mutamenti tecnologici) il punto di equilibrio tra il diritto alla proprietà e il diritto alla conoscenza.
L’avvento dell’ICT ha spostato tanto tale punto verso quest’ultimo che il primo rischia l’estinzione
o lo svuotamento. La Società dell’Informazione non può esistere se non è libera, e se l’informazione
stessa non è libera (anche nel senso di libera da vincoli economici). D’altra parte, il riconoscimento
e la tutela del diritto d’autore stimola (si dice) la produzione di informazione di alta qualità e di alto
valore. È possibile trovare un nuovo punto di equilibrio che eviti la sparizione della enumerazione
dell’autore e controlli la pirateria senza impedire la massima diffusione della conoscenza e dei suoi
benefici effetti per tutta la società (e quindi anche per gli stessi autori)?
La quarta ed ultima delle sfide che qui commentiamo è forse la più difficile e la più seria: quella dei
“digital divide”, cioè degli “spartiacque” multipli che l’avvento dell’ICT ha creato nel mondo in cui
viviamo. L’alfabetizzazione ha sempre riguardato le tre facoltà primarie di una persona avviata
verso la cultura: saper leggere, saper scrivere, saper far di conto. Oggi, ve n’è una quarta: saper
usare il computer e le reti (soprattutto Internet). Chi non è “alfabetizzato” anche in questo modo è
tagliato fuori da molta della conoscenza utile, cui si può accedere solo attraverso il computer e
Internet. Chi sa leggere, scrivere e far di conto può trovarsi emarginato quasi come un analfabeta
“tradizionale”, cascando dalla parte “sbagliata” dello spartiacque digitale. Di questi divide però ce
ne sono di diversi tipi: per esempio, quello internazionale esistente tra paesi sviluppati e paesi in
via di sviluppo, e quelli “domestici”, cioè interni ad un paese, che sono a loro volta dovuti a
differenze di reddito, di età, di luogo (città/campagna, pianura/montagna), di istruzione, di sesso, di
abilità fisiche, e così via. Lo spartiacque internazionale è particolarmente preoccupante, poiché
contribuisce ad approfondire il divario tra i paesi “abbienti” e quelli non “abbienti”, e quindi ad
incentivare i conflitti, il terrorismo, la violenza.
In conclusione, anche il futuro dell’ICT è inconoscibile come tutti i futuri; come abbiamo fatto in
queste note, si può estrapolare il recente passato e il presente, ma non si possono prevedere le
discontinuità, i salti di paradigma, le innovazioni epocali. Sembra tuttavia certo che la nostra società
stia tendendo, con velocità diverse e partendo da diverse posizioni, verso una sempre più completa
realizzazione della Società dell’Informazione, e che l’ICT e le sue applicazioni continueranno
ancora per molti anni a svilupparsi con rapidità e ad avere grande influenza sulle economie, le
società e le culture del mondo. Questo sviluppo sarà, ovviamente, inarrestabile. Se non si
risolveranno almeno i più importanti dei problemi posti dalle sfide che abbiamo ricordato, esso
potrà anche essere pericoloso.
--------------------------------------
* Domenico Ferrari
Professor Emeritus of Computer Science
University of California at Brekeley