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Le nuove frontiere dell’informatica

di Domenico Ferrari*


La prima osservazione che va fatta, da chi, all’inizio del XXI secolo, cerchi di spingere il proprio sguardo verso il futuro per capire che cosa avverrà nel mondo dell’informatica, è un’osservazione di carattere terminologico: ormai, l’informatica vera e propria non esiste più, essendosi questa disciplina fusa con quella delle telecomunicazioni per formare la telematica o, in inglese, la ICT (Information and Communication Technology). Il termine “informatica” può ancora essere usato (e di fatto è tuttora molto diffuso), ma con il significato allargato di cui abbiamo appena detto.
La seconda osservazione è che un discorso sul futuro di un insieme di tecnologie e delle loro applicazioni evoca immediatamente il tema dell’innovazione. Quali sono i rapporti tra innovazione e ICT? Diciamo subito che l’ICT ha a che fare con tutti i tipi di innovazione: quella di prodotto (dei prodotti dell’ICT stessa), quella di processo (molti processi industriali e commerciali si avvalgono degli strumenti dell’ICT) e quella organizzativa (che è nella grande maggioranza dei casi dovuta all’introduzione dell’ICT e dei progressi compiuti dall’ICT nelle organizzazioni). Non potendo discutere il futuro di tutti questi tipi di innovazione perché il discorso sarebbe troppo lungo e complicato, ci limiteremo qui a quello dell’innovazione di prodotto, che è comunque spesso alla base di altri tipi di innovazione, e di alcune ricadute sociali di questo tipo di innovazione.
Ma, anche con l’introduzione di questa limitazione del soggetto, vi sono molte altre domande. Come funziona l’innovazione in ICT oggi, e come funzionerà nel prossimo futuro? Continuerà con i ritmi del recente passato e del presente? In quali campi dell’ICT soprattutto?
L’ICT è uno dei settori tecnologici che ancora cambiano più rapidamente. Il ritmo dell’innovazione non è stato molto rallentato dalla profonda crisi economica con cui si è aperto il nuovo secolo. Ci si deve pertanto aspettare che lo sviluppo dell’ICT e delle sue applicazioni continuerà a velocità sostenuta ancora per molti anni. Occorre però distinguere, parlando delle applicazioni e quindi dell’influenza concreta dell’ICT sulla società umana, l’innovazione dal cambiamento. Dato che solo alcune delle innovazioni introdotte vedono la luce e arrivano al mercato, il cambiamento indotto dall’ICT (come da qualunque altra tecnologia) è più lento dell’innovazione nello stesso campo. Le cause dell’insuccesso di talune innovazioni sono molteplici; qui ricordiamo soltanto le resistenze del mercato (a loro volta attribuibili a diverse cause, come l’essere il nuovo prodotto troppo in anticipo o troppo in ritardo, le carenze del marketing e della comunicazione, gli errori di strategia o di tattica, e così via) e la cosiddetta “innovation fatigue”, cioè i fenomeni di rigetto da parte dei potenziali clienti, talvolta innescati da una innovazione troppo rapida e non sufficientemente “radicale”.
Quale evoluzione dobbiamo dunque aspettarci per l’ICT nel prossimo futuro? Il tema è semplicemente immenso. Nel breve termine avremo sicuramente una grande espansione delle reti a larga banda, e quindi delle applicazioni video sia in Web che fuori Web, e dei “telefoni” (in realtà, molto più vicini al computer che al telefono) mobili terza generazione. Un po’ meno sicura, ma inevitabile (almeno nel medio termine), la diffusione della demotica, cioè delle tecnologie per la casa intelligente. Ancora meno sicura, quella del libro elettronico.
Nel medio termine (ma con alcune realizzazioni già presenti o pronte tra breve tempo), nuove tecnologie per i computer (la legge di Moore resterà valida almeno per altri dieci anni, secondo alcuni per altri trenta; poi, i computer a semiconduttori dovrebbero essere sostituiti da computer molecolari o quantistici); il cosiddetto “ubiquitous computing”, rappresentato da nuovi sensori e reti senza fili di sensori capaci di controllare, per esempio, temperature e portare a grandi risparmi energetici, da reti “ad hoc” che si organizzano sulle strade tra automobili per fare fronte ad emergenze, da computer invisibili e dalle “bolle” che accompagneranno gli individui recando con sé il contesto informativo di cui essi potranno avere bisogno in qualunque luogo e in qualunque momento.
Vi saranno poi, sempre più importanti, i sistemi “embedded”, per esempio negli elettrodomestici, nei veicoli di tutti i tipi, negli abiti e negli oggetti più comuni; sono ovvie le loro interazioni con i progressi della demotica e dei computer invisibili, e con l’apparizione delle “bolle”.
Il progresso dell’ICT sta portando l’umanità verso una sempre più completa realizzazione della cosiddetta Società dell’Informazione. Già ora, i cittadini di tale società hanno accesso, da qualunque luogo e in qualunque momento, al più grande archivio mondiale di informazioni dei tipi più disparati: il World Wide Web, un archivio con caratteristiche peculiari ma dall’uso sostanzialmente gratuito. In futuro, essi saranno in grado di comunicare sempre più facilmente e a costi decrescenti con altri esseri umani e con oggetti (elettrodomestici, vedicoli, sistemi di sicurezza, ecc.) indipendentemente dalla loro posizione e distanza geografica, usare sempre più agevolmente servizi come quelli di commercio elettronico, di e-government (per interazioni con la pubblica amministrazione) e di e-democracy (per interazioni con politici, amministratori e altri cittadini interessati al bene comune).
L’ICT si trova però a fronteggiare alcune sfide molto difficili, che potranno determinarne il corso durante il prossimo secolo. Non si tratta di sfide tecnologiche, bensì di sfide politiche e sociali. Dalla positiva risoluzione dei problemi che queste sfide propongono dipende non solo il successo “pratico” dell’ICT, ma anche alcune delle “pieghe” più importanti che prenderà nel XXI secolo la storia dell’umanità. Ne esamineremo brevemente quattro, che sono forse quelle principali: la sfida della “privacy” e della sicurezza, la sfida del “diluvio” dell’informazione, la sfida dei diritti di proprietà intellettuale e la sfida degli “spartiacque” digitali o dell’infopovertà.
Gli strumenti dell’ICT, e in particolare i database, gli algoritmi di “data mining”, i motori di ricerca e i metodi per le ricerche incrociate, costituiscono grossi pericoli per la privacy degli individui e delle organizzazioni. Le loro applicazioni nel marketing e nella gestione delle relazioni con i clienti possono facilmente sconfinare in usi scorretti o addirittura illegali perché lesivi del diritto alla riservatezza di questi soggetti. Sorge a questo proposito una domanda interessante: se la stessa ICT che è all’origine di questi pericoli possa essere utilizzata efficacemente per proteggere gli stessi soggetti da eventuali attacchi alla loro privacy. Questa domanda si pone anche per ciò che riguarda la sicurezza. Per esempio, vi sono virus e altri tipi di attacco che possono distruggere informazioni preziose o rendere un computer inutilizzabile; alcuni metodi di pagamento in uso sulle reti sono vulnerabili ad intrusioni e sovvertimenti; e così via. Si può ricorrere alla stessa ICT per difendersi da questi rischi?
Trovare risposte soddisfacenti a queste domande vorrà dire avere affrontato con successo la prima delle sfide di cui ci occupiamo.
La seconda sfida, quella del diluvio dell’informazione, riguarda l’enorme quantità di informazione che si produce oggi nel mondo e la capacità di selezionare da parte di ciascuno quella che interessa senza essere travolto dalla valanga. L’organizzazione dell’informazione del Web inoltre lascia molto a desiderare, così come la qualità dell’informazione stessa, di cui non esistono valutazioni critiche accessibili agli utenti Web. Per risolvere tutti questi problemi, l’ICT è assolutamente indispensabile: ma sarà in grado di farlo, e fino a qual punto?
Le stesse tecnologie che stanno aumentando a dismisura il numero e l’importanza dei beni da proteggere con le norme del diritto di proprietà intellettuale, e cioè le ICT, sono quelle che minacciano l’esistenza dello stesso diritto. Nella storia, è cambiato varie volte (in seguito a mutamenti tecnologici) il punto di equilibrio tra il diritto alla proprietà e il diritto alla conoscenza. L’avvento dell’ICT ha spostato tanto tale punto verso quest’ultimo che il primo rischia l’estinzione o lo svuotamento. La Società dell’Informazione non può esistere se non è libera, e se l’informazione stessa non è libera (anche nel senso di libera da vincoli economici). D’altra parte, il riconoscimento e la tutela del diritto d’autore stimola (si dice) la produzione di informazione di alta qualità e di alto valore. È possibile trovare un nuovo punto di equilibrio che eviti la sparizione della enumerazione dell’autore e controlli la pirateria senza impedire la massima diffusione della conoscenza e dei suoi benefici effetti per tutta la società (e quindi anche per gli stessi autori)?
La quarta ed ultima delle sfide che qui commentiamo è forse la più difficile e la più seria: quella dei “digital divide”, cioè degli “spartiacque” multipli che l’avvento dell’ICT ha creato nel mondo in cui viviamo. L’alfabetizzazione ha sempre riguardato le tre facoltà primarie di una persona avviata verso la cultura: saper leggere, saper scrivere, saper far di conto. Oggi, ve n’è una quarta: saper usare il computer e le reti (soprattutto Internet). Chi non è “alfabetizzato” anche in questo modo è tagliato fuori da molta della conoscenza utile, cui si può accedere solo attraverso il computer e Internet. Chi sa leggere, scrivere e far di conto può trovarsi emarginato quasi come un analfabeta “tradizionale”, cascando dalla parte “sbagliata” dello spartiacque digitale. Di questi divide però ce ne sono di diversi tipi: per esempio, quello internazionale esistente tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, e quelli “domestici”, cioè interni ad un paese, che sono a loro volta dovuti a differenze di reddito, di età, di luogo (città/campagna, pianura/montagna), di istruzione, di sesso, di abilità fisiche, e così via. Lo spartiacque internazionale è particolarmente preoccupante, poiché contribuisce ad approfondire il divario tra i paesi “abbienti” e quelli non “abbienti”, e quindi ad incentivare i conflitti, il terrorismo, la violenza.
In conclusione, anche il futuro dell’ICT è inconoscibile come tutti i futuri; come abbiamo fatto in queste note, si può estrapolare il recente passato e il presente, ma non si possono prevedere le discontinuità, i salti di paradigma, le innovazioni epocali. Sembra tuttavia certo che la nostra società stia tendendo, con velocità diverse e partendo da diverse posizioni, verso una sempre più completa realizzazione della Società dell’Informazione, e che l’ICT e le sue applicazioni continueranno ancora per molti anni a svilupparsi con rapidità e ad avere grande influenza sulle economie, le società e le culture del mondo. Questo sviluppo sarà, ovviamente, inarrestabile. Se non si risolveranno almeno i più importanti dei problemi posti dalle sfide che abbiamo ricordato, esso potrà anche essere pericoloso.

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* Domenico Ferrari
Professor Emeritus of Computer Science University of California at Brekeley



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