I Percorsi
4.1 - L'educazione alla Responsabilità è il cuore dell'impegno che si profila dinanzi a noi. Come
dicevamo, infatti, non è pensabile un cambiamento indotto da pochi senza la partecipazione attiva
della gente. Nella nostra Diocesi sicuramente tanto è stato fatto sul versante pastorale e sociale, ma
cogliamo ancora la fatica ad innescare dinamiche di cittadinanza attiva che rendano la gente
veramente protagonista dei processi di cambiamento, proprio a partire dalle aree più periferiche e
marginali. La gente continua a beneficiare delle innumerevoli iniziative di promozione sociale e di
lotta alla disoccupazione, ma abbiamo l'impressione che da ciò non riesca a ricavare un'adeguata
coscienza politica che scalzi i meccanismi clientelari locali. È questo il motivo per cui quest'anno
abbiamo riflettuto sui temi della partecipazione e della cittadinanza attiva, in particolare sotto il
profilo delle nuove metodologie di animazione pastorale e sociale possibili. E sono scaturite
preziose indicazioni utili, da “sperimentare” sul campo, e che avremo modo di approfondire nei
mesi futuri.
4.2 - Il senso di Responsabilità è dunque il motore principale del cambiamento. Don Milani lo
sintetizzava con l'ormai celebre “I Care”. A noi piace utilizzare la figura biblica del “Goel” che
letteralmente significa il “liberatore”, il “riscattatore”. Goel era colui che di fronte ad una situazione
di violazione della dignità umana “prendeva a cuore” la sorte del malcapitato, pur non essendo un
parente, pur non condividendo alcuna appartenenza con lui, se non quella di essere figli di un unico
Dio.
4.3 - Dalla ricca esperienza dei nostri fratelli colombiani abbiamo appreso alcuni elementi
metodologici importanti. Innanzitutto nessun processo di partecipazione attiva, e quindi di
cambiamento, può essere attivato senza consolidare un genuino senso di auto-stima. “Bevi l`acqua
della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo“ (Prv 5,15) ci dice il libro dei Proverbi. Non
si tratta di auto-esaltazione, né di presunzione, ma semplicemente della consapevolezza di valere
agli occhi di Dio e a quelli degli uomini, di avere delle capacità, dei carismi, che magari i percorsi
duri della vita non hanno consentito di esprimere appieno; talenti: vari nelle forme e nelle
manifestazioni, ma che certamente sono presenti, anche se covano nella cenere e vanno valorizzati
al servizio della comunità e della famiglia umana. La logica dell'appartenenza riteniamo che abbia
inferto un colpo profondo al senso di auto-stima di intere generazioni di Calabresi, anche ad un
livello individuale e psicologico. La Calabria ha un immenso bisogno di auto-stima anche come
popolo, come corpo sociale. I Calabresi sono un popolo che ha patito un grande senso di inferiorità
storico, che - senza andare troppo lontano nel tempo - si è certamente alimentato delle sofferenze di
un'emigrazione di massa, spesso vituperata nei paesi ospitanti, si alimenta dell'immagine
stereotipata continuamente offerta dai mass-media nazionali, del separatismo volgare di alcune
formazioni politiche, della disoccupazione e dell'assistenzialismo forzato, dell'inefficienza della
pubblica amministrazione, dei carenti servizi sanitari.
4.4 - Il senso del “destino”, dell'ineluttabilità, sigilla e consacra nel tempo questo senso di inferiorità
storico. È dunque urgente non solo valorizzare ciascun individuo, ma ridare ad un popolo l'orgoglio
del proprio valore, della propria cultura, delle proprie tradizioni, delle proprie peculiarità, in una
sola parola della propria “tipicità”, in un percorso che, partendo dall'emarginazione, attraverso il
recupero della propria identità, riscopre infine la propria tipicità. È impossibile costruire uno
sviluppo socioeconomico dal basso senza una sufficiente auto-stima individuale, senza la coscienza
di valere come popolo, senza l'individuazione di una propria tipicità positiva.
4.5 - Per gli animatori pastorali e sociali è altresì indispensabile – come ci dicono i nostri amici
della Colombia - “disimparare per imparare”. Solo “disimparando” i propri pregiudizi, le proprie
visioni stereotipate, è possibile entrare nel cuore di un popolo senza giudicarlo, guidandolo con un
senso di profondo rispetto e condivisione. In altri termini ci si chiede: cosa viene prima la
conoscenza o l'amore per un popolo? Cristo ci testimonia che non ci si “incarna” se prima, senza
porre condizioni, non si ama un popolo in modo smisurato; ma nello stesso tempo non si può amare
fino in fondo senza “incarnarsi”, senza “compromettersi” con esso, aumentando la conoscenza
attraverso la condivisione dei percorsi quotidiani di vita. In questa dinamica vi è tutta l'essenza e il
patrimonio della missionarietà cristiana, cuore della crescita, sia in campo culturale che ecclesiale.
4.6 - L'amore e la condivisione conducono poi ad una guida e ad una pastoralità che si esprime
attraverso l'accompagnamento. E' facile indicare le direzioni senza percorrerle, molto più complesso
è camminare insieme a colui che si guida, assumendosi tutte le contraddizioni di un percorso che
spesso mette a dura prova le visioni manichee e dogmatiche, ma in compenso invera e rende
concretamente proponibile ogni valore evangelico, come ben significato dalla splendida icona
evangelica di Emmaus, che ci ha sempre sostenuto nel nostro cammino di credenti.
4.7 - L'educazione alla responsabilità e i processi di riscatto del nostro territorio non possono essere
concepiti senza la donna, che, nei nostri territori, ancora non è stata definitivamente "catechizzata"
alle logiche dell'utilitarismo e dell'ineluttabilità. È, infatti, abbastanza libera dalle radicate reti di
potere presenti e dunque riesce ancora a sognare una nuova Locride, a “perdere tempo” dietro
iniziative di cambiamento. Non è un caso che nella nostra terra, più dell'80% delle cooperative,
delle associazioni, dei movimenti ecclesiali, sia formato da donne che ancora riescono a
scommettere sul Regno di Dio.
È necessario riflettere ulteriormente sul ruolo che la donna può e deve giocare nell'educazione alla
responsabilità, sia all'interno della famiglia che della società civile. E’ triste, a esempio, vedere
come nella politica, anche quella amministrativa locale, le donne siano ancora una sparuta
minoranza. Una Calabria “governata” dalle donne, proprio perché di fatto più partecipi degli
uomini, potrebbe imprimere una svolta realmente innovativa per i nostri territori.
4.8 - Siamo comunque consapevoli che il cambiamento è un processo (non un progetto e meno che
mai un'azione) che viene promosso sempre da una piccola parte della Chiesa e della società, parte
che i sociologi definiscono “minoranza attiva” ma che a noi piace evocare con il nome di
“primizia”. La primizia infatti è segno di un cambiamento in atto, che si manifesta in piccole “dosi”,
ma preannuncia una stagione di frutti molto più diffusi e rigogliosi. La primizia non è elitaria, ma
anticipatrice, non è solo segno ma è già frutto concreto.
Un'altra immagine è quella del granellino di senape, “Semilla de Mostaza” - come dicono i fratelli
colombiani -, che prefigura un Regno capace di accogliere tra i suoi rami un popolo “spezzato”
dalle strutture di peccato.
4.9 - Come individuare una primizia nascosta nel territorio? Come disintossicarsi dalla logica
dell'ineluttabilità? Come trovare il coraggio di affrontare strutture di peccato e di potere così potenti
e apparentemente inossidabili? Solo irrobustendo la “vista” del proprio cuore attraverso la
preghiera, la meditazione biblica e la formazione spirituale. I nostri occhi saranno così capaci di
scorgere i segni di un sicuro cambiamento, anche dove apparentemente sembrerebbe non esserci
traccia. Solo così ci si procurerà la folle e santa audacia necessaria ad affrontare i Golia del nostro
territorio. Solo così chiameremo “fede nell'opera storica del Dio vivente” ciò che altri chiameranno
“imprudente ingenuità”.
4.10 - Nei nostri percorsi di questi anni ci hanno sempre aiutato i rapporti di reciprocità: a nord
(Italia) e recentemente a sud (mondo). Consapevoli del nostro valore, con una storia e un'identità
forte alle spalle, abbiamo potuto confrontarci con il nord mai delegando la “regia” del nostro
cambiamento, ma sapendo innestare un'utilissima sussidiarietà. Abbiamo comunque avuto la grazia
di trovare nei nostri interlocutori sempre rispetto e capacità di rimettere in discussione pregiudizi e
luoghi comuni. Essere sud dell'Europa, in una Calabria cerniera e frontiera tra nord e sud del
mondo, ci ha invece profondamente aiutati nei rapporti con il sud del mondo, in particolar modo
con la Chiesa della Colombia. La grande dignità e sofferenza di questo popolo viceversa ha molto
da offrire ai nostri percorsi e già sta rendendo particolarmente fertili alcune intuizioni che essi da
anni praticano.
4.11 - Mons. Isaias Duarte ci ha testimoniato che, pur non ricercandolo, vi deve sempre essere una
disponibilità al martirio. In alcune situazioni, solo questa disponibilità a mettere la propria vita
completamente nella mani di Dio ci consente di essere fedeli alla costruzione del suo Regno. Prima
del Martirio vero e proprio, come già dicevano i Padri della Chiesa, vi sono altri martiri quotidiani
da accogliere con amore: l'incomprensione, la delazione, gli attacchi incrociati che fanno ancora più
male quando provengono da chi sta dalla stessa nostra parte, la marginalità a cui si viene confinati
quando non si accettano giochi e scambi di potere, le lettere anonime, la paura per sé e per la
propria famiglia, il lavoro a volte massacrante, la quasi totale espropriazione del proprio tempo, i
sensi di colpa nei confronti della propria famiglia, la continua ed esacerbante mediazione di conflitti
tra individui e tra gruppi, i biechi interessi di chi apparentemente si presenta come proprio
compagno di viaggio, i tradimenti, la doppiezza, gli abbandoni opportunistici, ecc.
5. - le Proposte
Il grande obiettivo dei prossimi anni è la partecipazione, ovvero passare dalla logica delle Primizie a
quella di un coinvolgimento più ampio della gente nei processi di cambiamento, valorizzando i
talenti di ciascuno. Dalla Settimana Sociale e dalla Scuola di Formazione sono emerse alcune
proposte che vanno in questa direzione.
5.1 - La formazione costante e continua è l'alimento principale di chi si impegna nel sociale e in
politica. E' ormai dimostrato come – a partire dai partiti – il tasso di corruzione è indirettamente
proporzionale al tasso di formazione esistente. La formazione (curata, non monotona ma stimolante
e partecipata) ci consente di essere soggetti di una trasformazione del territorio e non oggetti di
logiche predeterminate e apparentemente ineluttabili. In quest’ottica, un posto rilevantissimo va
assegnato alla Scuola, come spazio educativo primario e fondante. Ma anch’essa, va sempre
collegata al nostro territorio, va resa fattiva nelle dinamiche di animazione, con forte senso critico.
5.2 - I Consigli Pastorali parrocchiali possono divenire un importante ambito di partecipazione
cristiana. Sono il luogo dove tutta la Chiesa locale dovrebbe essere rappresentata e dove è possibile
rileggere alla luce della Parola di Dio, fatti e avvenimenti che non riguardano solo la comunità
cristiana, ma il bene comune di tutto il territorio. Il metodo è sempre quello di raccogliere fatti e
avvenimenti, rileggerli alla luce della Parola e, infine, porre dei segni in relazione a quanto è
accaduto, sempre nella logica del Regno di Dio che viene.
5.3 - I gruppi e i movimenti debbono divenire meno autoreferenziali, costruendo, pur nella diversità
di carismi, una forte comunione e un reale radicamento con il resto della Chiesa Diocesana e col
territorio. Non esiste percorso spirituale o educativo o di volontariato che possa prescindere da
quanto accade nel territorio. Ognuno con il proprio metodo e con i propri percorsi deve lasciarsi
interrogare, influenzare e rimettere in discussione dai drammi e dalle sofferenze del nostro popolo,
considerati non solo dal punto di vista personale ed esistenziale, ma anche storico e sociale. Ad
esempio, chiediamoci: la disoccupazione, il clientelismo e la corruzione, influenzano
profondamente il percorso educativo o la preghiera o il modo di far volontariato? Certamente
dovrebbero, ma se così non è la nostra evangelizzazione diviene insignificante, incapace di parlare
alla gente del nostro territorio. Quale conversione cristiana autentica non si lascia, infatti,
interrogare dalla storia che ci gira intorno?
5.4 - La cooperazione sociale di tipo B, se autenticamente concepita, è un grande modello di
imprenditorialità cristiana, in quanto realizza e sintetizza felicemente molti insegnamenti
evangelici e della Dottrina sociale della Chiesa. Ma la cooperazione sociale di tipo B è anche una
vera risposta al bisogno di sviluppo socio-economico del nostro territorio. Vi sono, in particolare,
tre caratteristiche che la rendono significativamente adatta al nostro sviluppo locale: 1. una
cooperativa sociale è espressione della comunità locale e ,dunque, palestra di partecipazione e di
cittadinanza attiva; 2. si tratta di una scuola di alta imprenditorialità, in quanto rendere sostenibile
una cooperativa sociale di tipo B, che inserisce persone svantaggiate al proprio interno, è molto più
difficile che far quadrare i conti di una normale impresa; 3. la cooperazione sociale costruisce uno
spazio di integrazione e solidarietà sociale; non tutti possono fare gli imprenditori, le cooperative
sociali aprono spazi di lavoro a chi verrebbe inesorabilmente escluso in un mare di disoccupazione
come il nostro. Ecco perchè la cooperazione sociale di tipo B va incentivata in ogni modo, fino a
sognare che ne nasca almeno una per ogni comune della Locride.
5.5 - Vanno riattivati o attivati i circoli culturali, humus della società civile, per riaprire un
confronto vivo, diretto e critico, linfa di una sana vita politica. Non è possibile continuare a delegare
alle ingessate tribune televisive il confronto di idee e proposte che appartengono ai cittadini in
quanto tali. Nelle scuole vanno proposti percorsi di cittadinanza attiva ed educazione alla legalità.
5.6 - È urgente educare la nostra gente ad una libera e responsabile espressione del voto. Bisogna
rifiutare categoricamente il commercio dei pacchetti di voti, trafficati dai cosiddetti “grandi
elettori”, che spesso, non a caso, sono professionisti, dirigenti o esponenti del pubblico servizio,
nella logica della clientela sopra esaminata
E’ sempre più necessario informarsi bene sui candidati, sui loro trascorsi, sul loro programma
politico, sulle loro “alleanze” nel territorio, sulla propria qualità professionale. Bisogna chiedere che
i programmi politici indichino espressamente anche gli strumenti normativi e finanziari che si
intendono utilizzare per realizzare gli obiettivi enunciati. Bisogna pretendere progetti politici che
non siano generiche enunciazioni di principi (che si assomigliano terribilmente!) ma prevedano
precise priorità di giustizia sociale e circostanziate scelte di politiche di sviluppo. Dobbiamo
rifiutarci di esprimere voti che non siano consapevoli, quand'anche le indicazioni partissero
all'interno della propria famiglia.
5.7 - Vanno riattivati i comitati, come espressione di una cittadinanza che si organizza per chiedere
qualcosa per il bene comune. I comitati non sono alternativi ai partiti, ma loro naturale integrazione
e sussidiazione. Preparano la base e, a loro volta, poi, richiedono l’impegno politico diretto. In
particolare i comitati dovrebbero vigilare e incalzare sul problema drammatico dei trasporti.
5.8 - Pretendiamo un'informazione corretta e non strumentale. Ma anche noi abituiamoci a scegliere
attivamente le “fonti” della nostra informazione. Leggiamo di più e guardiamo con senso critico e
con minor dispendio di tempo le tv nazionali. Confrontiamo i diversi punti di vista, cerchiamo
periodici, quotidiani, siti internet di notizie, tra la vastissima offerta di stampa e informazione
alternativa.
5.9 - E' urgente chiedere conto dei fondi mal utilizzati di Agenda 2000 e del POR. Non si tratta
tanto della scarsa utilizzazione dei fondi, o dell'inefficienza, quanto dell'assenza di una chiara
strategia di sviluppo locale che ha condotto a spendere i soldi per i cosiddetti “progetti sponda”
piuttosto che per finanziare le idee di auto-sviluppo dei Calabresi.
5.10 - Chiediamo alla Pastorale Familiare e alla Catechesi ordinaria lo sforzo di promuovere tra i
laici una cittadinanza attiva cristiana e incarnata, anche attraverso un'attenta formazione dei
catechisti e degli animatori pastorali, specie nello studio accurato e sistematico della Dottrina
Sociale della Chiesa.
5.11 - La Scuola di Formazione Socio-Politica, come dicevamo, è un'esperienza veramente ben
riuscita. Intendiamo sicuramente riproporla, prevedendo anche l'approfondimento critico di alcune
normative o documenti che influenzeranno profondamente la nostra vita sociale come la legge
“Biagi”, la riforma “Moratti”, lo Statuto Regionale, ecc. Dovrà caratterizzarsi non solo per il
momento “scolastico” ma divenire anche un forum e laboratorio di idee dei partecipanti.
5.12 - Infine intendiamo avviare una nuova esperienza di formazione e animazione che chiameremo
“Scuola di Cittadinanza Attiva”, il primo frutto del rapporto di reciprocità con la Colombia. In
realtà non si tratta di un ennesimo corso di formazione, bensì di un percorso da proporre ad una
Parrocchia, una contrada, un gruppo giovanile, una scuola superiore, dove alle persone vengono
proposti una serie di strumenti di difesa nonviolenta contro i soprusi, le sopraffazione e le
ingiustizie quotidiane, piccole e grandi. Si tratta insomma di fornire alla gente, soprattutto a chi non
è tutelato da alcuna appartenenza, gli strumenti necessari per reagire invece di subire e lamentarsi
inutilmente, assoggettandosi alla fine al notabile di turno.
Le sfide sono indubbiamente tante e veramente difficili, ma ci sosterrà la passione per un mondo
nuovo, dono di Gesù Risorto, dal quale attingiamo la certezza che alla fine la giustizia sociale, la
solidarietà e il perdono prevarranno su tutte le trame di peccato dentro e fuori di noi.
Locri, 22 giugno 2004, festa dei martiri Giovanni Fisher, Vescovo e Tommaso More, laico
La Commissione Giustizia e Pace
L’Istituto di Scienze Religiose
L’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro