Localismo e globalizzazione nei processi educativi e in quelli formativi. Inevitabile
interazione tra formazione e lavoro, interazione che – dove non diventa luogo di confusione voluta
tra i due piani - si avvia a una eccessiva subordinazione della prima al secondo. Quali sono le
possibili vie di uscita, allora, tra un “localismo” che non guarda al contesto e una globalizzazione
che omologa le differenze?
Sono alcune delle riflessioni proposte da un recente studio di Vincenzo Orsomarso, che
intende appunto indagare sui rapporti che intercorrono tra i cambiamenti interni all’organizzazione
del lavoro e i processi educativi e formativi, nonché sui riposizionamenti di questi ultimi, che non
dovrebbero adeguarsi in modo meccanico ai mutamenti caratterizzanti il lavoro nella fase
postfordista. Il confronto tra scuola, educazione e mondo del lavoro non può essere evitato, ma va
sostenuto con un alto grado di criticità. Come afferma Aldo Visalberghi nella Prefazione: «In
questa trattazione si dà largo spazio alla letteratura internazionale più avanzata e spesso anche più
radicale in materia, sottolineandone le convergenze. Ma si colgono anche certe false tendenze
“modernizzatrici” dell’attuale politica scolastica italiana, che rischia di riuscire funzionale
esclusivamente ad un produttivismo di corte vedute. Il mercato è sempre, o quasi, piuttosto miope in
materia educativa. Ma la scuola invece deve guardare lontano, e sforzarsi di formare non solo buoni
produttori per il futuro, ma anche buoni consumatori e gente capace di fruire adeguatamente del
cosiddetto “tempo libero”, che sempre più dovrebbe arricchirsi di libere attività con valenze sociali
(o di volontariato)» .(1)
Tutti aspetti che già erano stati affrontati nei primi anni Ottanta, insieme al professor
Visalberghi, da altri studiosi e docenti nell’associazione politico-culturale “Quale società” e quel
«gruppo di studio non mancò di stimolare la riflessione sulle “trasformazioni in corso nelle strutture
sociali e produttive” e sulle implicazioni che ne discendono “sul piano culturale ed educativo” » .(2)
L’Autore dipana tali questioni con un occhio alla comunicazione, un altro al sapere, un altro
ancora alla formazione e alle interconnessioni positive e negative che nel tempo si sono instaurate
tra i diversi livelli .(3) E lo fa partendo da un’analisi del taylorismo per passare all’organizzazione che
produce conoscenza ,(4) soffermandosi quindi sull’evoluzione dell’istruzione e della formazione
nell’epoca postfordista; per concludere, l’attenzione si ferma sulla formazione e sull’organizzazione
scolastica, anche attraverso l’individuazione di elementi critici e di linee evolutive.(5)
Ci troviamo oramai di fronte a un fenomeno emergente «si va affermando – spiega infatti
Orsomarso - una formazione come merce, ritagliata sui bisogni immediati dell’impresa e del
mercato, avviata quindi a mercificazione, proprio in considerazione del fabbisogno di omologazione
culturale e ideologica che caratterizza un modo di produzione che pretende auto-attivazione a
comando» . (6)Di fronte a tali tendenze dei processi di apprendimento/insegnamento bisognerebbe
«promuovere uno spirito scientifico, la capacità di ricerca; favorire quindi l’acquisizione dei
linguaggi, delle metodologie, delle operazioni proprie dell’indagine scientifica. Affermare il
continuum ricerca/didattica – didattica/ ricerca, come nesso di attività di insegnamento
apprendimento coordinate e in sviluppo» .(7)
Diversamente, i processi formativi sono interessati a favorire, per usare un’espressione
gramsciana, il passaggio dal gorilla ammaestrato all’uomo modulare: «un uomo con troppi aspetti,
cosicché molti possono essere mantenuti soltanto per un po’, pronti da esibire o dissimulare
secondo il bisogno. L’uomo modulare è una creatura dotata di qualità mutevoli che esiste come
serie di compiti da eseguire […]» .(8)
È necessario pertanto pensare anche sul terreno educativo ad un’altra globalizzazione che
faccia crescere la società, il mondo dell’educazione e quello del lavoro, grazie proprio alla
valorizzazione delle differenze: «Il dialogo, il confronto, la creatività dal basso, lo sviluppo di un
rapporto diretto scuola-società ai fini dell’autoeducazione collettiva sono concetti ed esperienze che
devono acquisire centralità nel fare scuola, per governare la scuola, per farne un luogo di incontro
fra culture e punti di vista interessati alla costruzione di un legame sociale rispettoso delle
differenze e che delle dinamiche messe in moto dalle differenze si arricchisce. […]» . (9)
Le proposte dall’Autore rispetto al panorama delineato e ai pericoli intravisti sono Tracce di
lavoro: «Nessuna illusione, nessun ingenuo ottimismo pedagogico, ma la ricerca di un percorso da
parte di chi, consapevole del peso che ha oggi la distribuzione del sapere sugli assetti sociali e
politici, intende fare dei processi di apprendimento/insegnamento non luogo di espressione di una
neutra tecnica ma terreno di verifica e di esercizio critico, di iniziativa, di ricerca culturale» .(10)
Occorre insomma costruire una nuova «idea di educazione». Anche perché «la pretesa di rendere
alcuni segmenti scolastici immediatamente rispondenti alla domanda che emerge dal mercato del
lavoro, di ricondurre l’istruzione professionale al compito di costruire figure immediatamente
spendibili sul mercato del lavoro, il tutto ricorrendo a canalizzazioni precoci e riducendo la durata
del tempo scuola, evidenzia l’obiettivo di ripristinare un anacronistico addestramento
professionale» .(11)
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(1) V. Orsomarso, Lavoro, sapere e formazione: linee di ricerca, Caltanissetta-Roma, Sciascia editore, 2004, pp.111,
€12,00. La citazione è tratta dalla Prefazione al volume, p. 8.
(2) Ivi, Introduzione, p. 11.
(3) Il primo capitolo è dedicato a Comunicazione nella produzione, pp. 27 e sgg.; il secondo a Sapere e postfordismo, pp.
53 e sgg.; il terzo a La formazione, pp. 79 e sgg.
(4) Il capitolo 1) Comunicazione nella produzione, cit., comprende appunto due paragrafi: Dal taylorismo
all’organizzazione che produce conoscenza, p. 30 e sgg. e La comunicazione, p. 47 e sgg.
(5) Il cap. 3) La formazione, cit., comprende tre paragrafi: A proposito di organizzazione scolastica; Per una cultura
storico-critica; Tracce di lavoro. Il volume si chiude con l’Indice dei nomi
(6) V. Orsomarso, cit., cap 3 La Formazione, p.91.
(7) Ibìdem.
(8) Ivi, paragrafo 2.2. Dal gorilla ammaestrato all’uomo modulare?, cit., p. 77. Si veda anche la nota 5.
(9) Ivi, cap. 3, La formazione, p.95.
(10) Ivi, cap. 3, paragrafo 3.3 Tracce di lavoro, p. 103.
(11) Ibìdem.