L’intervista rilasciata alla fine dello scorso ottobre a "La Repubblica" dal Presidente del Senato
Marcello Pera, è di quelle che non si dimenticano facilmente. Già il titolo è di quelli che fanno
drizzare le orecchie: Questa Europa è senz’anima; solo la cristianità può dargliela. E il sottotitolo:
"Il pregiudizio antireligioso ha fermato Buttiglione"
.
Come si vede, vengono riassunti, nei titoli, gli aspetti salienti che hanno caratterizzato, sul piano
internazionale, le ultime giornate dell’ottobre 2004. E cioè, come si ricorderà, il Trattato di Roma
relativo alla nuova costituzione europea e la vicenda del ministro italiano Rocco Buttiglione,
proposto dal suo governo quale Commissario europeo e costretto poi a rinunciare alla candidatura
per alcune sue considerazioni ritenute, dalla maggior parte dei componenti della Commissione
Giustizia del Parlamento europeo, in contrasto con l’incarico che il neo-Presidente della
Commissione Barroso aveva previsto per lui: giustizia, libertà e tutela delle minoranze. Ciò che, in
particolare, aveva suscitato le riserve dei parlamentari era stata l’affermazione di Buttiglione
secondo cui gli omosessuali sono da considerare dei peccatori. Siccome in precedenza il ministro
italiano aveva proposto, durante i lavori della Convenzione, di eliminare l’orientamento sessuale
dall’elenco delle discriminazioni da proibire, nella futura Costituzione, i parlamentari si sono
seriamente preoccupati, ed hanno espresso le loro riserva sulla reale volontà del candidato
Commissario di tutelare efficacemente i diritti di cittadini che egli considera immersi nel peccato, e
per i quali aveva chiesto che non fosse riconosciuto lo status di soggetti a rischio di
discriminazione. Si è trattato di una riserva politica, naturalmente. Nessuno ha infatti condannato
sul piano morale o religioso le convinzioni dell’0n. Bottiglione, né ha preteso da lui abiure come
condizione per la nomina a Commissario. Queste cose la faceva, un tempo, solo la Santa
Inquisizione (da alcuni richiamata qui a sproposito). Semplicemente, non è stato ritenuto l’uomo più
adatto a svolgere quell’incarico. Molti invece, ma solo in Italia, per la verità: all’estero sono più
seri) hanno gridato alla persecuzione ideologica, all’Inquisizione o, come ha fatto Pera, al
pregiudizio anticristiano che, come uno spettro, pericolosamente si aggirerebbe per l’Europa.
La tentazione di pensare ad un altro più famoso spettro che, intorno alla metà del XIX secolo nel
Manifesto del partito comunista Karl Marx vedeva girovagare per le stesse contrade, è molto forte.
Ma mi astengo dal farlo, memore del fatto che, come ha stigmatizzato lo stesso Marx in un altro
luogo (nel 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, se non erro), le vicende umane che accadono una prima
volta in maniera tragica, quando si ripetono sono soltanto ridicole.
Sta di fatto, dunque, che, non solo esisterebbe, e molto forte, il pregiudizio anticristiano (ma si
vede lontano un miglio che Pera & C., quando dicono “anticristiano” pensano ad “anticattolico”; né
la Chiesa Anglicana, infatti, né le Chiese riformate di ascendenza luterana hanno parlato di
pregiudizio anticristiano). Ma tale pregiudizio sarebbe poi strettamente collegato a quella che Pera
definisce la mancanza di un’identità spirituale-cristiana dell’Europa. Anzi, a dirla tutta, il
pregiudizio anticristiano sarebbe del tutto evidente, a parere dell’illustre intervistato, nel mancato
riferimento, nel testo della Costituzione europea, alle comuni radici cristiane come cemento
spirituale dellEuropa moderna.
Ma come, obietta sorpreso il giornalista di Repubblica, proprio un liberale come lei dice queste
cose? " E’ proprio da liberale che sto parlando –pontifica Pera sollevando minaccioso il dito
indice della mano destra-. E affermo che oggi i liberali devono dirsi cristiani". La lezione di
Croce, avanza timidamente l’intervistatore. "No! –risponde categorico il Presidente del Senato
alzando ancora lo stesso dito- No, è molto più di Croce. Noi liberali non dobbiamo più limitarci a
dire “non possiamo non dirci cristiani”. Adesso “dobbiamo dirci cristiani”. E tutti gli europei
dovrebbero dirlo. Soprattutto se laici". E sapete perché? Perché, continua Pera, da John Locke in
poi è liberale chi riconosce la prevalenza dell’individuo sulla società e sullo Stato. E questo
principio-cardine del Liberalismo deriva proprio dal fatto che l’Europa, "ad un certo punto della
sua parabola storica, è stata evangelizzata". L’individuo, cioè, ha assunto dignità e valore in sé in
quanto “immagine di Dio”. Ecco perché oggi noi liberali dobbiamo dirci cristiani.
Eh, la Madonna! E pensare che una volta il Presidente era anche filosofo! Adesso forse se ne
sarà dimenticato, altrimenti non si sarebbe messo a pontificare. Roba che neanche il Papa! Il
vecchio Pontefice, infatti, ha espresso apprezzamento per la Costituzione europea (senza alcuna
riserva sulle radici cristiane); ed ha invitato i cattolici a portare dentro la Comunità i valori
evangelici come contributo (assieme a quelli di altri) per la realizzazione della pace e della
fratellanza. Non ha alzato il dito verso nessuno, lui che pure poteva farlo; perché, essendo
Pontefice, è l’unico che può pontificare. Lo ha fatto, invece, l’on. Pera, che però pontefice ancora
non è. Sicuramente Pera avrà smarrito per strada, lui sì, le sue radici filosofiche a furia di rincorrere
pregiudizi che vede ormai un po’ ovunque (tempo fa, in un’altra intervista,sempre col dito alzato, ne
ha pontificata un’altra delle sue: ha sostenuto che, all’origine dei mali della nostra vita civile e
politica, c’è il pregiudizio antifascista intorno a cui ruota la nostra Costituzione!).
Perché dico che l’on. Pera si è dimenticato delle sue radici filosofiche? Perché fa un po’ di
confusione storica e teorica quando identifica in modo esclusivo il cuore del liberalismo moderno
con il Cristianesimo. E’ certamente vero, ad esempio, che quello religioso fu, tra il XVI ed il XVII
secolo, uno dei luoghi che favorì il sorgere di atteggiamenti e di pratiche liberali. Ma si è trattato di
ambienti luterano-calvinisti, più che cattolici. Perché erano soprattutto le comunità calviniste a
formare ovunque, fuori dalla loro patria Ginevra, delle minoranze a rischio, e per questo erano
portate a difendere i loro diritti, la loro libertà di culto contro le maggioranze avverse.
Ma c’è di più. Secondo Guido De Ruggiero, uno che di liberalismo si intendeva sicuramente più
del nostro Pera, una forte spinta in direzione liberale fu impressa dal razionalismo moderno; da
quello cartesiano in particolare. In effetti, l’ idea moderna di coscienza individuale e quella,
strettamente connessa, di un Soggetto che fonda, nella sua interiorità, la verità del mondo esterno,
nascono con Cartesio. E con esse nasce anche l’idea di un individuo come luogo al cui interno si
dispongono tutte le libertà umane. Vogliamo allora omettere di menzionare tra le radici dell’Europa
il Razionalismo moderno?
Ma un altro aspetto che il non-più- filosofo e non-ancora-statista Pera dimentica, in relazione
alla nascita del liberalismo moderno (e dell’Europa moderna) è quel fenomeno assai significativo
che fu il Giusnaturalismo. Se c’è, infatti, una sfera intangibile per ciascun individuo, essa coincide
con quella del suo diritto, che è una sorta di libertas maior, o di libertà naturale. Rispetto a questa,
le libertà politiche sono l’espansione più immediata. L’idea moderna di un diritto naturale,
insomma, sostiene che questo è indipendente dallo Stato e dalla Chiesa, il compito di entrambi
essendo quello di riconoscerlo e di garantirlo. L’on. Buttiglione, con le sue dichiarazioni, ha
disconosciuto un diritto di una minoranza: quello di vivere in un certo modo la propria sessualità. In
che modo avrebbe potuto garantire ciò che, secondo la morale naturale della Chiesa cattolica,
disconosce e condanna come peccato?
Un ultima considerazione prima di chiudere. A partire dalla forte riaffermazione dell’individuo,
il liberalismo moderno amplia considerevolmente la sfera delle libertà (e dunque dei diritti): dalla
libertà religiosa a quella di pensiero, a quella di espressione, alla sicurezza, all’uguaglianza. Proprio
così: all’uguaglianza. Perché, nell’interiorità della coscienza, dove tutte le barriere sociali, cioè, poi,
tutte le discriminazioni, si annullano, ciascun uomo si riconosce l’uguale di ciascun altro. Ogni altro
è titolare degli stessi diritti di cui ognuno si sente titolare. Sentimento della libertà ed uguaglianza
stanno insieme dentro la coscienza di ciascuno. Ma si è dovuto lottare aspramente perché lo fossero
anche nella realtà. La Rivoluzione francese nasce proprio da questa esigenza di universalizzazione
pratica della sfera dei diritti, da una loro estensione tendenzialmente illimitata sulla base del
principio-cardine dell’uguaglianza. John Locke, chiamato in causa da Pera, è sicuramente uno dei
padri del liberalismo moderno. Ma in lui l’idea di diritto naturale si precisa come idea antifeudale
proprio per le sua implicazioni egualitarie. Libertà ed uguaglianza sono, anche per il filosofo
inglese, caratteristiche dello stato di natura che quello politico deve riconoscere e tutelare, come si
legge nel secondo Trattato sul governo (cap.II, §4).
Dunque, un pezzo significativo dell’Europa odierna nasce da qui: dalla potente affermazione dei
Diritti dell’uomo e del cittadino da cui prende origine l’individualismo borghese moderno.
Bisognerebbe allora fare riferimento anche alle matrici rivoluzionarie della Unione europea.
Pertanto, la nuova Costituzione dovrebbe esordire dichiarando di riconoscersi:
a)nelle radici
cristiano-protestanti(calviniste);
b) nelle radici razionalistico-moderne;
c) nelle radici rivoluzionarie
dell’ ’89.
E se poi qualcuno dicesse che la fisionomia spirituale-culturale dell’Europa si è
soprattutto delineata a partire dalla lingua e dalla civiltà di Roma, come la metteremmo?
Un pensiero finale per l’on. Pera. Lei, signor Presidente del Senato, è in mezzo a un guado,
stretto, com’è, tra un ‘non-più’ ed un ‘non-ancora’. Non è più filosofo, ma non è ancora lo statista
che forse vorrebbe essere. Un fatto però è certo. Non può continuare a stare in mezzo al guado col
dito alzato: rischia di essere bagnato molte volte dalle stesse acque, contrariamente a quanto
pensava il vecchio Eraclito. Ma, soprattutto, rischia di beccarsi una forte infreddatura.