Professor Mattelart, esiste un aspetto teorico che oltrepassa le posizioni dei tecnofili e
dei tecnofobi, tra fautori ed oppositori delle nuove tecnologie della comunicazione?
Penso che oggi questa divisione non è un vero dilemma. Oggi, il problema delle tecnologie è
sull’interrogativo della funzione e della collocazione sociale. La tecnologia è un problema
strutturale e ridefinisce il concetto della democrazia e dell’ordine mondiale. La divisione tra
tecnofobici e tecnofili la leggo nella visione di Negroponte in quanto egli divide tra amici e nemici
della tecnologia. Possiamo evitare le fazioni e porre la questione della tecnologia in relazione alla
società. Il dibattito, oggi, è sull’interrogativo della democrazia in funzione del nuovo contesto
tecnologico.
Il concetto di globalizzazione va a sostituire quello di mondialismo e di mondializzazione?
Che differenze e percorsi storici hanno i concetti di mondializzazione, mondialismo e
globalizzazione?
Il concetto di mondializzazione è radicato nella storia. Il concetto di mondializzazione e di
mondialismo scaturiscono dalla discussione che ha luogo alla fine della prima guerra mondiale su
quale forma dovrà prendere la società e la lingua delle nazioni e di conseguenza, abbiamo tutta una
serie di intellettuali, (quali il fondatore di scienze della formazione, il belga Paul Otlet, Kropotkin e
tutta una serie di filosofi del Rinascimento indiano come Rabindranath Tagore, Sri Aurobindo ed
altri) che postulano la necessità di un’idea di solidarietà per costruire una comunità internazionale
che armonizzi il rispetto delle diversità nell’unità.
Alla fine della prima guerra mondiale, l’ideologia del trattato di Versailles, nega questa diversità
sostenendo che i popoli colonizzati sono dei bambini. Dunque, il concetto di mondializzazione è
coniato da "giovani" intellettuali che propongono un altro modo di organizzare la comunità
mondiale. Questo filone intellettuale, in Francia, è chiamato Solidarista (il solidarismo).
Il concetto di mondialismo e di mondializzazione fanno parte di una tradizione che appartiene
all’internazionalismo democratico.
Il termine di globalizzazione, ha una traiettoria storica molto più corta. Il modo americano di
accostare la guerra fredda e i nemici in circolazione hanno a che fare con il concetto di un nemico
globale. Il nemico globale nella guerra fredda era il blocco comunista.
Il vocabolario di globale, poi, va oltre nella concezione dei militari americani; ad esempio, se
guardiamo ai discorsi di Eisenowher, c'è una concezione di nemico globale in tutti gli ambiti:
economico, politico, culturale e religioso. In seguito, abbiamo la seconda tappa, dove appare la
nozione di "villaggio globale" coniato da McLuhan.
Il pensiero di McLuhan, fa riferimento a due fonti: una, si riferisce a Theilhard de Chardin, gesuita,
paleontologo. Questi immaginava che attraverso le nuove tecnologie si poteva arrivare ad una
planetarizzazione che gradualmente nel mondo formasse una comunità spirituale in seguito ad una
ramificazione e connessione di volta in volta multipla. Un pensiero escatologico e religioso.
E’ interessante, oggi, vedere come Theilhard de Chardin ispiri gli ideologi americani della “Nuova
Politica”.
La nozione di McLuhan, viene da qui, ma ha una seconda fonte, quella dei geografi anarchici di fine
‘800, sostenitori dell’elettricità per tutti e delle micro-comunità.
Intorno a questo concetto di piccole comunità si basa la soppressione di tutte le dicotomie che sono
fonte di disparità sociale, ossia tra lavoro manuale ed intellettuale, tra città e campagna.
McLuhan è molto ispirato da Kropotkin. Nel libro la "Galassia Gutenberg", McLuhan parla di
Kropotkin. L’affiliazione a Kropotkin ed ai geografi anarchici McLuhan la fa progressivamente.
Dunque, Mc. Luhan con il termine "villaggio globale" vuole la ricostituzione di una comunità,
grazie alla televisione, l’elettricità, per i geografi anarchici, permette la ricostituzione di una
comunità.
La differenza tra i geografici anarchici e McLuhan è che quest'ultimo si dimentica della divisione e
dell’ineguaglianza sociale.
La visione che ha Kroptotkin, è che il mondo è marcato dall'ineguaglianza sociale.
Il "villaggio globale" di McLuhan è un clichè. Permette, in effetti, di dimenticare che c'è un mondo
profondamente diviso poiché separato intorno ad assi differenti dalla tecnologia.
Il terzo stadio, è l'introduzione della nozione di globalizzazione (verso la metà degli anni Ottanta) a
partire dalla deregolazione delle risorse finanziarie con l'arrivo di poche multinazionali che
diventano globali e basano la loro strategia sul tentativo di rendere stabile una funzione del mondo e
non di società in particolare.
Il concetto di globalizzazione è un concetto che appartiene ad un approccio cibernetico del mondo.
Un mondo come sistema, necessario, capace di integrare tutto: la conservazione, la produzione, i
differenti livelli istituzionali, nazionali, regionali, locali e mondiali . E’ veramente una concezione
sistemica del mondo.
Se oggi compariamo il concetto di mondializzazione, a quella di globalizzazione, diciamo che il
primo, si basa su una nozione spaziale, geografica; mentre, il secondo, si basa sul concetto
cibernetico del mondo sistemico.
Wiener e la società dell'informazione, in che modo ha contribuito a ridefinire l’attuale contesto
tecnologico?
Wiener è interessante a livello generale, in quanto crea la cibernetica. E' stato uno dei primi a
parlare di società dell'informazione. Wiener pensa che sia possibile, attraverso la circolazione libera
dell'informazione e delle tecnologie dell'informazione, di non ricadere nelle condizioni che hanno
permesso la barbarie della seconda guerra mondiale, ad esempio, Hiroshima.
Wiener sostiene che qualunque cosa faccia circolare l'informazione debba creare una società più
giusta e trasparente, una società che non permette di riprodurre la barbarie. Egli dice che il
problema fondamentale è la concentrazione del potere, dei media e del mercato.
In effetti, Wiener è profetico in relazione allo sviluppo delle tecnologie dell'informazione e della
società dell’informazione. E’ molto critico sulla realizzazione possibile.
Gli hackers, il cyberspazio e i saperi condivisi, andiamo verso la creazione di un’intelligenza
collettiva?
Io credo, per quanto ne so, che dal 1995 esiste una divisione, una rottura tra gli hackers, una parte
di loro sono passati dall’altra parte, dalla parte del sistema.
Io penso che è interessante invece, vedere come vi siano dei giovani che immaginano ed utilizzano
in modo differente il cyberspace.
La problematica dell’intelligenza collettiva è interessante, al momento attuale la prospettiva è degli
attori sociali.
Le nuove tecnologie creano le condizioni di un’intelligenza collettiva ma per creare degli attori
sociali. Diversamente intesa, l’intelligenza collettiva può ricadere nel tecno-determinismo.
La costruzione dell’intelligenza collettiva è molto complessa; è più a lungo termine che a breve
termine.
Ed in relazione ad un’intelligenza connettiva?
Non condivido questo tipo di concetto, perché trovo che sia un logotipo, un tipo di pensiero del
marketing.
Il gran problema attuale che caratterizza il progetto del settore privato, per esempio dal
Summit Mondiale della Società dell’Informazione, traspare un’ideologia della connettività.
Io credo che la connettività non sia tutto. Al contrario, bisogna approfondire l’idea che i giovani
sono proiettati nel futuro. Mentre, siamo in presenza di un’ideologia del recupero, e, se è tale,
non si può innovare.