Il documento del 21 Giugno della Confindustria Calabria , da Lei presieduta, ha denunciato
in maniera vigorosa che c'era stato da parte del governo, a livello nazionale, un taglio
all'ultimo Bando della Legge 488/92. Questo taglio ha portato a scartare, a livello nazionale, il
90% delle domande. In Calabria la conseguenza di questo fatto era molto rilevante, in quanto,
a fronte di 1485 domande, con una ipotetica ricaduta occupazionale di 50.000 nuovi posti di
lavoro, a causa dei tagli, la ricaduta occupazionale si riduce a circa 5.000 nuovi posti di
lavoro. Dunque una grande occasione persa per la nostra regione. In sostanza, la tesi espressa
è che mentre da una parte gli imprenditori calabresi si stanno muovendo dall'altra parte c'è
una sordità rispetto a tale ruolo attivo.
La prima cosa da evidenziare riguarda il fatto che in un momento in cui c'è un maggiore bisogno di
rilanciare l'economia del Mezzogiorno, sostenendo soprattutto quelle attività imprenditoriali che
alimentano l'occupazione e la crescita del reddito, è avvenuto il taglio dei contributi che proprio a
queste attività erano destinate.Si tratta di contributi particolarmente importanti per le regioni
meridionali in quanto servono a fronteggiare quei costi aggiuntivi che sostengono gli imprenditori
che operano nelle aree arretrate. Il taglio dei finanziamenti destinati alla 488 per quanto pesante sia,
non costituisce,tuttavia, il problema più grave. L'aspetto più drammatico di tali provvedimenti è,
infatti, la sospensione o la dilazione degli impegni di pagamento che il governo aveva assunto,
accogliendo le domande ed i progetti che gli imprenditori avevano presentato in base alla
legislazione vigente. Questo provvedimento rappresenta un fatto ancor più grave in quanto incide su
iniziative già avviate, per la cui realizzazione gli industriali avevano fatto debiti ed avevano
assunto degli impegni rispetto ai fornitori , contando sul fatto che avrebbero ricevuto ,a vario
titolo,dei contributi da parte dello Stato. Il ritardo nell'erogazione di tali fondi, se non la
soppressione degli stessi, creerà, come ho detto al ministro Marzano non più tardi di un mese fa in
una riunione a Reggio Calabria, dei gravissimi disagi alle aziende poiché queste, esposte con le
banche, alla richiesta di rientro avranno difficoltà ad onorare i loro debiti. In sostanza mentre noi
abbiamo bisogno di aiuti per rilanciare l'economia , il governo o meglio il suo primo ministro,
Berlusconi, ha la necessità, come ha sottolineato il ministro Marzano, di tenere fede al famoso
"patto con gli Italiani", recuperando, mediante i tagli, le risorse per abbassare le aliquote Irpef.
Noi avevamo qualche perplessità rispetto alle cifre sulla ipotetica ricaduta occupazionale. In
Calabria, infatti, ci sono circa 580.000 occupati e 50.000 nuovi occupati costituiscono circa
l'8% del totale; da qui il sospetto che le richieste avanzate dagli imprenditori siano un po'
gonfiate, soprattutto se si pensa che tale incremento sarebbe dovuto avvenire in un periodo di
2 anni circa.
Solo un accorto controllo delle domande presentate potrebbe dare una risposta a questa perplessità.
Personalmente presumo che l'obiezione non sia fondata in quanto oggi l'imprenditore si deve
esporre con fideiussioni e se rinuncia a realizzare quanto previsto deve sopportare dei costi,
innanzitutto quelli della fideiussione, ma anche quelli di progettazione e di consulenza. Per questo
motivo io presumo che i dati delle domande siano reali. Infatti ribadisco che non è più come una
volta, quando la presentazione della 488 era libera per cui c'era la possibilità che la richiesta non
riflettesse volontà ed esigenze reali; si presentava la domanda per poi decidere se proseguire o
meno. Oggi invece che la presentazione costituisce comunque un costo, l'imprenditore avanza solo
richieste che hanno una realizzabilità concreta.
Aggiungo inoltre che i sospetti verso il mondo imprenditoriale sono ricorrenti, tant'è che il ministro
Marzano , sempre a Reggio Calabria, ha dichiarato, che aveva avuto difficoltà a difendere la 488
perché " ... in Calabria con i contributi si comprano le Ferrari e gli yacht..". Irregolarità di questo
genere possono essersi verificate, così come può succedere che qualche ministro viene arrestato
però questo non significa che tutti i ministri sono ladri. Secondo me per tutelare gli imprenditori
che vogliono creare veramente sviluppo ed occupazione, è necessario controllare con rigore le
domande presentate..
Volendo ribadire le nostre perplessità, facciamo presente che le graduatorie della 488 vengono
stilate in base a certi parametri ( uno dei più importanti è costituito dalla ricaduta
occupazionale). Dal momento che i fondi a disposizione sono stati ridotti, viene quasi naturale
sovrastimare, non solo in Calabria, il valore della ricaduta occupazionale
Questo può anche accadere. Tuttavia oggi la Banca , in fase istruttoria, entra nel merito anche della
ricaduta occupazionale, così che se io ipotizzo un bilancio con dei costi relativi all'assunzione di 50
persone e poi prevedo di impiegarne 100 o 120, la Banca, che è responsabile, rileva le incongruenze
e richiede una rimodulazione del progetto. Il problema è che bisogna controllare queste proposte. E'
certamente successo in passato che il commercialista che appronta la pratica, mirando alla sua
parcella ed in presenza di imprenditori sprovveduti, ha gonfiato i dati e poi, quando la pratica è
entrata in graduatoria, si è dovuto rinunciare per l'impossibilità di assumere realmente le persone
previste. Questi sono comunque casi limite. La Banca o chi fa l'istruttoria deve capire quando i dati
economici non sono coerenti con il numero di occupati previsti. Ci sono parametri di riferimento da
rispettare per cui, anche se un funzionario non è particolarmente esperto, è in grado di capire
quando una situazione non è sostenibile. Per tale ragione è importante che i controlli accurati siano
effettuati durante l'istruttoria.
Il problema ,tuttavia, non riguarda solamente l'istruttoria dei progetti. Nel passato abbiamo
assistito nel Mezzogiorno anche a fenomeni di rilevante natalità di imprese, accompagnate
però da una ancor più grande mortalità.
Questo è assolutamente vero. Basta citare il caso del Prestito d'onore. Quante famiglie si sono
rovinate per sostenere l'iniziativa dei propri figli che pensavano di utilizzare questi fondi,
sbandierati come uno stimolo allo spirito di imprenditorialità in Calabria. Quanti giovani hanno
aperto negozi e poi sono falliti, rovinando la propria famiglia che magari aveva impegnato anche la
liquidazione!
La verità è che con questo modo improvvisato di presentare progetti, è successo anche che molte
aziende sono entrate in graduatoria , hanno avviato il progetto e poi non hanno saputo andare avanti,
danneggiando altre aziende serie che sono invece rimaste fuori dalle graduatorie.
E poi il sottosegretario Miccichè, negli incontri in Confindustria, ci dice che è mortificato perché in
Calabria non si utilizzano i fondi. Il problema è che il sistema è sbagliato in quanto l'approvazione
dei progetti e la successiva erogazione degli stessi dovrebbero avvenire dopo accurati controlli.
Al quadro fino ad ora tracciato vanno aggiunte le prossime iniziative legislative. Dopo aver
tolto o decurtato tutta una serie di contributi, il governo si appresta a trasformare i
contributi rimasti in crediti agevolati con tassi di interesse leggermente più bassi di quelli
correnti. Queste ed altre misure sono presenti nelle bozze della nuova finanziaria. Ritiene che
siano misure utili ?
Certamente i contributi in conto interesse sono importanti, però dobbiamo vedere a quale territorio
sono destinati, in quanto in Calabria, ad esempio,abbiamo una gran parte di imprese che dispone di
risorse finanziarie limitate e non ha la forza di accedere al credito bancario; immaginiamo quindi se
possono permettersi di pagare interessi passivi Simili proposte non costituiscono uno strumento
valido per la nostra realtà; interesseranno molto più realisticamente le grandi aziende o quelle
localizzate in altre zone..
A fronte di questa stretta, in una fase in cui si sottolinea la incapacità dell'Italia di competere,
Lei ritiene che la politica governativa rappresenti una soluzione efficace, oppure ritiene che ci
sia la possibilità di intraprendere una strada diversa, più coraggiosa, che faciliti ad esempio la
possibilità di sostenere coerentemente ricerca e sviluppo.
Non si può, soprattutto in Calabria, pensare di fare ovunque ricerca e sviluppo.Si tratta invece di
esaminare di cosa hanno realmente bisogno le piccole aziende per crescere. Per esempio quando il
governo ha deciso di congelare i debiti delle aziende, esistenti ad una certa data , dando la
possibilità di ripagarli in 5 anni con tassi di interesse agevolati, ha promosso una iniziativa che si è
rivelata molto utile per numerose aziende. In altre parole, se si elimina l'affanno giornaliero, si ridà
fiato alle piccole aziende. Ma questa iniziativa l'hanno realizzata una volta e non l'hanno più
ripetuta.
Un altro ottimo strumento è stato quello dei Patti Territoriali , con ricadute importanti sia per gli
imprenditori che per il territorio.Non è stato ritenuto un buono strumento dai politici nazionali,
perché la gestione era affidata ai soggetti locali. Il primo Patto Territoriale di Vibo, il terzo in Italia
con Siracusa ed Enna , ha visto riunirsi i sindaci, le organizzazioni sindacali e gli imprenditori , si è
creato un progetto in cui si individuavano le reali possibilità di sviluppo del vibonese (turismo e
settore agroalimentare). Per concretizzare tutto questo c'è voluto, però, molto tempo perché ci sono
state lungaggini burocratiche nella gestione dei Patti. Lunghissimo è stato il passaggio dal
Ministero delle attività produttive al Ministero del bilancio. Inoltre i progetti hanno sofferto per il
fatto di essere stati trasferiti dalla "Vibo Sviluppo" a Roma (alla I.G., alla CLESS) dove hanno
deciso quali progetti dovevano essere approvati. Questa centralizzazione è risultata sbagliata
perché è stato tolto il controllo diretto da parte del territorio.
L'ultimo rapporto della Banca d'Italia sull'economia calabrese denuncia , oltre alla crescita
zero, l'incapacità da parte del nostro governo regionale ad utilizzare le risorse disponibili
(vedi POR) con conseguente taglio delle premialità che poi sono state conferite ad altre regioni
del Sud. Lei concorda con il fatto che il governo regionale si sia rivelato incapace a gestire le
risorse disponibili?
Io concordo completamente, ma non per partito preso, dal momento che ho votato questo governo
regionale e pertanto sono uno degli artefici e dei responsabili di questa disfatta. Il problema vero è
che c'è una incapacità a gestire la cosa pubblica. Il governo regionale si è avvalso e si avvale,
infatti, dei famosi consulenti, che sono al centro delle polemiche di questi giorni. Penso che questi
signori di consulenza ne facciano ben poca e che si tratti invece di un vero e proprio fenomeno di
foraggiamento in quanto non si è riscontrato alcun effetto positivo: quando io porto un consulente
nella mia azienda, esso deve portarmi un risultato concreto. Vorrei che mi spiegassero se c'è stato e
quale è stato il contributo che questi consulenti hanno portato. Capisco infatti che 5.000 impiegati
regionali e che tutti i dirigenti regionali non sono sufficienti , ma allora come si gestiscono questi
fondi se non c'è personale all'altezza. La verità è che, nonostante i consulenti ,per fare un bando ci
vuole l'iradiddio, per farlo partire ci vogliono tempi lunghissimi a forza di gestire e manipolare.
Interviene a questo punto il Direttore generale della Confindustria calabrese dott. IGOR PAONNI,
che era presente all'incontro:
A parte il rapporto della Banca d'Italia, c'è la relazione della Corte dei Conti, e quindi ritengo che ci
sarebbe poco da aggiungere su questo punto.
C'è, invece, da tener conto che attualmente con la rimodulazione del programma operativo
regionale una parte delle risorse sarà indirizzata al rafforzamento della struttura di gestione, per cui
si spera che nella programmazione per i prossimi tre anni, le risorse del QCS con le relative
premialità aggiuntive, possano essere meglio gestite con una supervisione maggiore da parte degli
organi competenti
Certo è che le risposte che il programma operativo regionale doveva dare alla classe imprenditoriale
in generale, incluso l'artigianato, è stata molto modesta. Si sono, infatti, utilizzati molto i progetti
coerenti (progetti "sponda") e utilizzato poco "il sogno" ovvero le nostre intelligenze e la capacità
di programmare alcuni strumenti interessanti di finanza agevolata e innovativa, ad esempio i PIA
innovazione, piuttosto che concentrarsi sullo scorrimento della .488 e/o sulla legge Sabatini come è
stato purtroppo fatto.
Per cui ci sarebbe molto da dire su come sono stati spesi i fondi, ma, siccome il quotidiano è sotto
gli occhi di tutti, non mi pare che si possa concludere che ci sia stato un impatto, non solo
occupazionale, ma anche in termini infrastrutturali talmente massiccio da giustificare poi anche
comportamenti virtuosi da parte dei soggetti economici; è chiaro che se non c'è una contropartita in
termini di idee e di politica economica, poi la risposta che avviene a livello del territorio non può
essere interessante.
Fermo restando quanto affermato sulle responsabilità della classe politica regionale, non
crede che esistano delle responsabilità anche da parte della classe imprenditoriale calabrese?
Si tratta di valutare queste eventuali responsabilità, senza ovviamente strapparci le vesti su
quello che è stato il passato, ma soprattutto per ragionare sul futuro e capire se è possibile
uscire dalla strettoia costituita da una parte da una classe politica nazionale che fa delle scelte
di politica economica recessiva e dall'altra da una classe politica locale che qualche problema
ancora più grosso ce l'ha per il fatto che non riesce ad utilizzare coerentemente le risorse che
ancora rimangono.
Io ho sempre fatto un "mea-culpa"nel senso che una delle responsabilità più rilevanti è quella del
territorio che ha sopportato, comunque condiviso o chiuso gli occhi, di fronte a questa situazione,
vuoi perché presi dal lavoro, vuoi per una forma caratteriale di menefreghismo, vuoi per una sorta
di connivenza con la politica. Qualche giorno fa ho dichiarato che la Calabria viene tenuta sotto
questa cappa non a causa della "base" imprenditoriale che è in fermento e condivide le accuse da
me lanciate sulla stampa alla classe politica calabrese, ma per l'esistenza di qualche imprenditore
emergente che, avendo stretto patti di ferro con alcuni politici, ostacola la possibilità di apportare
cambiamenti alla situazione esistente. Infatti l'accordo fatto dalla Confindustria calabrese con i
sindacati, il 26 Marzo 2004, non è andato avanti perché è stato frenato dall'azione congiunta di
alcuni politici ed imprenditori, in quanto il governo regionale vedeva un pericolo in questa intesa
con i sindacati. Chiaravalloti lo ha addirittura definito "un tavolo perverso" nonostante noi, finita la
riunione e firmato il protocollo con i sindacati, avessimo dichiarato subito alla televisione che
questo tavolo non era contro nessuno, ma serviva solo ad analizzare le problematiche del nostro
territorio, per fare proposte concrete e sollecitare e sensibilizzare la realtà locale. Tutto questo ha
fatto sbandare il "palazzo" che ha capito che se gli imprenditori si associano con i sindacati , già
questo comincia a costituire una grande forza . Se poi a questi si aggregano la Confagricoltura ed i
vari ordini professionali queste forze chiederanno conto alla politica di quanto si sta facendo.Oggi
invece nessuno ha la forza di chiedere conto e di pretendere una risposta. Ecco perché questo tavolo
è stato ostacolato. Ecco perché poi Chiaravalloti dichiara, pubblicamente a Reggio Calabria di
fronte a 400-500 persone,che " agli arroganti sbatto la porta in faccia", poiché chi è in disaccordo è
considerato da lui un arrogante.
Al di là degli accordi a cui si accennava tra alcuni imprenditori emergenti e parte della classe
politica locale, è necessario sottolineare anche come, soprattutto nel passato, l'imprenditoria
calabrese si sia prevalentemente sviluppata nel comparto dell'edilizia, pubblica e privata,
creando una sorta di vicinanza degli imprenditori coinvolti con la classe politica che di volta
in volta si succedeva. Questo ha fatto sì che venisse meno la capacità di alzare la voce, di
sviluppare critiche , ed ha condizionato anche la possibilità di sviluppo di altri settori
produttivi.
Lei concorda con questa osservazione?
Questi gruppi, che una volta erano nell'edilizia, ma che adesso operano in altri settori, purtroppo
danno una mano al permanere di questa situazione, legittimando inoltre l' arroganza da parte dei
signori del "palazzo" che sono convinti di non dover dare conto a nessuno. Quello che noi
vorremmo fare è invertire questa situazione. Ritornando poi alla questione dell'edilizia, è chiaro che
la vicinanza tra imprenditori e politici ha trovato terreno fertile facendo leva su alcuni strumenti
rappresentati dalla modalità di approntare gli appalti, dalle revisioni prezzi, dalle varianti in corso
d'opera che costituivano un sistema sbagliato di operare e a cui sono stati apportati dei correttivi
anche se qui in Calabria, purtroppo, è cambiato molto poco.
Molti imprenditori ed anche gente comune ha condiviso l'ennesimo atto di accusa nei
confronti della classe politica regionale che Lei ha lanciato nel numero di "Calabria sera" del
3 settembre. Ma è forse una delle prime volte che si sente avanzare da un imprenditore,
soprattutto nella posizione istituzionale che Lei occupa, la proposta e l'esigenza di un
ricambio della classe politica dirigente non solo regionale ma anche delle amministrazioni
locali della nostra regione. Quali priorità porrebbe all'ordine del giorno per rendere
praticabile questo ricambio ?
1. Il primo passo è mettere da parte l'attuale apparato, sostituendolo con persone, anche della
vecchia politica, ma che condividano un nuovo sistema... La nuova classe dirigente deve
essere formata da persone consapevoli che siano disponibili a ragionare nell'interesse della
Calabria e dei calabresi. Quando io vado in Confindustria Calabria, mi tolgo un cappello e
me ne metto un altro che mi permette di ragionare nell'interesse della Federazione, per
quanto riguarda le spese e per tutti gli altri problemi che interessano la Confindustria
regionale. Allora, chi sceglie di candidarsi e di essere eletto deve ragionare sui reali
interessi della Calabria, cominciando a pensare ad un programma serio, reale e credibile.
2. E' necessario inoltre coinvolgere direttamente tutti gli impiegati, e soprattutto i dirigenti. Se
non si ha l'aiuto del personale, non si può fare niente; si tratta pertanto di creare uno staff
di fiducia che condivida nuove regole e nuovi valori per essere poi in grado di aiutare il
politico a portare avanti il cambiamento. Si tratta di sensibilizzare, professionalizzare, fare
crescere e fornire strumenti efficaci, gratificandolo anche economicamente, il personale che
c'è, perché loro devono poi portare avanti concretamente i progetti. Se c'è disinteresse,
spesso indotto dall'esempio che viene dall'alto, è logico che si crea demotivazione ed i
problemi non si risolvono. Da questa base è possibile poi partire con i programmi e con
l'attuazione degli stessi in modo da rendere un servizio reale ai cittadini, formulare i bandi e
svolgerli in pochissimo tempo. Non credo che queste siano cose dell'altro mondo. E' quello
che un qualsiasi imprenditore farebbe nella propria azienda; si tratta cioè di riordinare tutta
la macchina regionale.Non si tratta cioè solo di modificare alcune cose, occorre una
rivoluzione totale, una inversione ad U modificando anche il modo di fare le nomine,
scegliere i consulenti etc. per poter riconquistare credibilità nei confronti dei cittadini che
attualmente sono completamente sfiduciati.
3. Va poi riaffermato il principio della politica come servizio. Attualmente, chi viene eletto si
trasforma in una sorta di monarca, considerando i cittadini alla stregua di veri e propri
sudditi. E tutto questo l'abbiamo permesso noi, perché spesso coltiviamo una mentalità da
sudditi, e fin tanto che non subiamo "torture" non ci ribelliamo. Chi sceglie di
amministrare la nostra regione deve interpretare la politica come servizio e poi può anche
guadagnare quindicimila Euro al mese. Provate, invece, a pensare a quegli assessori che
venivano in Calabria una o due volta la settimana. Secondo me chi viene nominato
assessore dovrebbe portarsi il lettino nel proprio ufficio proprio per non perdere tempo e per
lavorare. Ma la Calabria ha ancora bisogno di questo tipo di assessori? Gente che non è
quasi mai disponibile, invece che garantire un ascolto ed un confronto permanente con le
organizzazioni imprenditoriali e con le varie categorie.
4. Si tratta inoltre di affrontare e risolvere il nodo rappresentato dal fatto che non esiste alcuna
forma o struttura di controllo costante e periodica sull'operato di chi amministra, in quanto
si pensa che tutto sia sottoposto all'esame dei cinque anni e che chi si è comportato male,
viene poi mandate a casa. Ma non è sufficiente mandarli a casa dopo cinque anni, in quanto
nel frattempo hanno creato un danno enorme che spesso è impossibile recuperare. Adesso,
infine, che sono entrati gli altri paesi della Comunità Europea che sono più affamati e
disagiati della Calabria, pensate che avremo più attenzioni da parte della Comunità
europea? E quindi se noi dovessimo perdere altri cinque anni, chi ce li restituisce, chi ci
restituisce gli stipendi e gli emolumenti principeschi delle decine di consulenti spesso
inutili?
La questione è dunque che se l'imprenditore sbaglia paga di persona mediante la perdita di
profitto. Il politico pensa invece di dover, eventualmente, pagare ogni cinque anni. Allora il
problema è di costruire una rete di controllo, costituita dalle rappresentanze delle imprese ,
del sindacato e di tutti quei settori che esprimono interessi ed esigenze che vengono spesso
disattese.
Purtroppo un altro problema è costituito dal fatto che chi rappresenta certe categorie cura il proprio
orticello e non ha interesse a fare gruppo, per andare a chiedere conto. E la Giunta regionale sfrutta
questa situazione e vuole sentire prima il sindacato, poi gli imprenditori, poi i commercianti, in
modo separato, per impedire loro di ritrovarsi tutti assieme per un confronto reale e complessivo. Se
si vuole sentire un parere vero ed esaustivo su qualsiasi argomento, è necessario, invece, sentire,
congiuntamente, il parere del sindacato, della Confindustria e delle altre categorie e non mantenere
le varie istanze sempre separate. E questo sarebbe un primo, importante momento anche di controllo
e di pressione nei confronti del mondo della politica.
In questo senso il presidente Montezemolo ha iniziato il suo mandato, rilanciando la questione
della concertazione. In funzione della necessità, che Lei sottolineava con forza, del ricambio
della classe politica dirigente, la concertazione, con alcuni connotati particolari, potrebbe
essere funzionale ed efficace per effettuare questo ricambio, attribuendo al termine
"concertazione" anche la capacità di aprire la classe politica non solo alle varie categorie ma
anche agli altri settori della società.
A parte che con due anni di anticipo ho parlato di concertazione, io l'ho sempre proposta non solo
come confronto della classe politica con gli imprenditori, ed i sindacati ma anche con gli ordini dei
commercialisti, con le università, le associazioni professionali (ingegneri ed architetti, avvocati).