Tra i principali impegni che il gruppo redazionale di «Ora Locale» si è assunto c’è quello di riesaminare o
meglio di ri-osservare il Sud secondo l’ottica della globalizzazione. Problemi e soluzioni – noi riteniamo –
devono essere necessariamente collocati dentro il rapporto, oggi decisivo, fra globale e locale.
Ora, se si guardano le cose di casa nostra assumendo un punto di vista che disti un po’ più di un palmo dal
nostro naso, non è che i buchi neri del firmamento meridionale scompaiano. Al contrario, restano; e sono
ancora più visibili i loro effetti devastanti. Ma si dà il caso che, nel contempo, si manifestino e vengano alla
luce e per la prima volta si lascino osservare potenzialità nascoste e sottratte allo sguardo frettoloso della
quotidianità.
La globalizzazione è il compimento della modernità. Essa è il coronamento di un processo, iniziato cinque
secoli fa, che ha portato l’Occidente alla conquista del Pianeta. Lo Stato moderno, l’industria e il mercato,
la scienza e la tecnologia hanno dato l’impulso all’irresistibile ascesa del mondo occidentale. Chi è rimasto
fuori dal processo, si è sentito escluso e s’è sforzato e si sforza disperatamente di costruire ponti che
consentano il “passaggio a Occidente”. Il Giappone c’è da tempo riuscito. La Cina, forse l’India stanno per
riuscirci.
Sennonché, questa trionfale ascesa dell’Occidente sembra portare ora ad una impasse. Essa si imbatte in
almeno due insormontabili difficoltà: 1) il progressivo esaurimento delle risorse, prodotto dallo spreco e
dalla dilapidazione dei beni naturali; 2) il progressivo inaridimento della complessità umana (rapporti
affettivi, solidarietà, com-passione, valori etici, ideali politici, ecc.) e la trasformazione degli individui in
“uomini ad una dimensione”.
Sul primo punto non c’è niente da argomentare, perché anche il Ministro Castelli ne ha cognizione. Sul
secondo punto, invece, conviene segnalare rapidamente l’inarrestabile processo che sta conducendo
all’aziendalizzazione del mondo, all’aziendalizzazione dell’intera umanità. Ormai si aziendalizza tutto,
compreso l’Università e la ricerca scientifica. Viviamo nell’era del crepuscolo degli dei e dei valori. Un solo
dio è rimasto in piedi, un solo valore domina incontrastato. Si tratta del principio economico dei costi e dei
benefici. I conti devono sempre tornare. Morale, politica, solidarietà umana sono tutte sottomesse all’unica
divinità superstite.
La conseguenza è la totale mercificazione della vita (denunciata persino dal Ministro Buttiglione) e
l’aziendalizzazione del sistema-mondo. E val la pena di far notare che in un’azienda efficiente si può ben
lavorare, ma certamente non si può vivere bene.
Rebus sic stantibus, non è difficile pronosticare che nel futuro le aree che potranno godere di un diffuso
benessere sociale e consentire agli individui una “buona vita” saranno soltanto quelle regioni che
disporranno ancora di rilevanti risorse naturali ed umane.
Possiamo a questo punto passare alla Calabria. Essa è, sul piano economico la Cenerentola dell’Occidente
(nel senso che è tra le regioni più povere di un territorio che vive nell’abbondanza e nello spreco). Ma
dispone di notevoli beni naturali e umani. Beni naturali: un patrimonio boschivo che è il più rilevante del
Mediterraneo; un prezioso patrimonio idrico dovuto alla configurazione territoriale (le montagne che vanno
dall’Aspromonte e dalla Serre alla Sila e al Pollino costituiscono una sorta di cresta o di bastione su cui si
arrestano e si condensano i vapori acquei che salgono dai mari strettamente circostanti); un invidiabile
patrimonio costiero e marino; le condizioni climatiche e ambientali ideali per un’agricoltura di qualità; le
numerose aree archeologiche e paesaggistiche che consentono lo sviluppo di un turismo qualificato. Risorse
umane: la permanenza di rapporti solidi e profondi; la tolleranza nei confronti del diverso che si è tanto
consolidata da far parte dell’identità calabrese; le capacità intellettuali e professionali («non vi è alcun
dubbio – riconosce anche Aurelio Misiti sul “Portafoglio”, supplemento economico del “Quotidiano della
Calabria” del 7 dicembre 2003 – che le professionalità espresse in ogni campo della cultura umanistica e
tecno-scientifica dalla nostra regione siano tra le più elevate del continente europeo»).
Ebbene, quanto si è sin qui detto serve solo da premessa per presentare una proposta di cui «Ora locale»
si rende portatrice. Di che si tratta? Si tratta di un progetto per la Calabria, di una piattaforma
programmatica generale per la discussione che deve preparare la campagna elettorale delle
Regionali del 2005. Vari esperti hanno adoperato le loro competenze per segnalare ciò di cui si ha
bisogno per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse di cui dispone la nostra regione.
In tutti i contributi si parte dall’idea che lo sviluppo della Calabria debba avere come obbiettivo principale
l’accrescimento del benessere sociale delle persone e che per realizzare tale accrescimento non sia
strettamente necessario – come dice Piero Bevilacqua su questo stesso numero - «attendere un corposo
incremento del PIL, l’arrivo di ingenti risorse finanziarie esterne, o un ulteriore ampliamento del mercato
all’interno della vita sociale». L’obbiettivo di fondo che si deve perseguire è – conviene ripeterlo ancora –
quello della salvaguardia e della valorizzazione razionale delle risorse naturali e umane disponibili. E ciò non
può che produrre un sensibile miglioramento della qualità della vita di ciascuno.
Poiché la proposta di una piattaforma programmatica per la Calabria vuole essere analitica e articolata s’è
deciso di dedicare ad essa due numeri. Su questo numero compaiono i seguenti contributi: P. Bevilacqua
(Strategie non economiche per il benessere sociale); Pieroni-Ziparo (Per una politica sociale
dell’ambiente); G. Anania (Quali politiche regionali per l’agricoltura?); Tonino Perna (Politiche per la
valorizzazione della montagna e il riequilibrio del territorio); il Rettore dell’Università della Calabria, G.
Latorre interviene sul sistema universitario calabrese e sul problema degli sbocchi occupazionali; S.
Gambino sul rafforzamento dei poteri degli enti locali (in particolare dei Comuni) e sulla trasformazione
della Regione in Ente (“leggero”) di programmazione e di controllo; Cuccomarino avanza una proposta sul
reddito di cittadinanza e il Welfare locale, mentre G. Lavorato, già sindaco di Rosarno e da decenni
impegnato sul fronte della lotta alla mafia, indica le linee principali di una efficace azione sociale e politica
contro la criminalità organizzata.
Sul prossimo numero ci si occuperà dei problemi del turismo (Nuccio Novene), del mondo della scuola
(Dino Vitale), dei centri urbani, e del recupero delle coste (Alessandro Bianchi), ecc.
Proporremo innanzitutto ai cittadini di discutere la nostra proposta «per un governo diverso della Calabria»
e promuoveremo una serie di incontri nei principali centri calabresi. Chiederemo, poi, ai giornali e alle TV
locali di aprire ampi dibattiti in merito. Da ultimo, cercheremo di istituire forme di confronto con i partiti e
con le altre forze politiche.