In occasione delle ultime visite di Edgar Morin in Italia: il 19 novembre 2001 all'Università IULM di Milano e in seguito presso le Università di Messina, Cosenza, e Lecce, tenutesi dal 3 all' 8 marzo 2002, ho avuto il piacere di incontrare uno dei maggiori rappresentanti del pensiero contemporaneo e di porgli alcune domande relativamente alla questione del pensiero complesso, di cui Morin è considerato universalmente uno dei più importanti rappresentanti.
Nella premessa al suo testo "Il Paradigma perduto", Lei racconta che attraverso la conoscenza della cibernetica ha scoperto l'aspetto che introduce alla complessità, come?
Per me è stato importante partire dal concetto di retroazione, che si poneva in contrapposizione al concetto di causalità lineare, quella per la quale da una causa si produce un solo effetto. Invece, nel sistema di retroazione è l'effetto che ha un'influenza sulla causa.
Un'altra idea che ho recepito dalla cibernetica è stata quella di macchina, intesa nel senso di ciò che può agire su se stessa, auto-regolandosi, auto-organizzandosi, così come succede nel funzionamento dei computers. La cibernetica attraverso l'idea di autoorganizzazione è stato un modo per entrare nella definizione del vivente, anche se la nozione di macchina non ne restituisce per intero il senso, in quanto l'organizzazione del vivente è sicuramente qualcosa di più. Von Forster, Von Neumann, Atlan sono degli autori che aderiscono come me a questa teoria dei sistemi.
Quali sono state le esigenze intellettuali, e non, che l'hanno condotta ad appropriarsi del principio della complessità?
Penso di aver sempre avuto l'idea che tutte le ricerche delle scienze umane dovevano avere la caratteristica della multidimensionalità e fare in modo che non fossero concepite secondo delle divisioni unicamente di tipo disciplinare.
In questo senso, la mia prima esperienza di antropologia risale a "L'homme et la mort"(1951), ed è stata di un'importanza capitale. Infatti per fare questa ricerca sono andato alla Biblioteca Nazionale di Parigi per cercare sul vocabolario il significato di "morte" e non ho trovato nulla che per me potesse essere esauriente. Sentivo la necessità di esplorare le definizioni che di questo concetto davano l'antropologia delle scienze religiose, la psicologia, la psicoanalisi, la psicologia dell'età evolutiva, la filosofia, la mitologia: si trattava di andare nel profondo di questo tema servendosi del maggior numero delle scienze umane.
Secondo lei, il principio della complessità può essere ritenuto il metodo d'indagine più valido per le scienze umane?
Penso che il metodo della complessità consista nel fatto di costituire un proprio pensiero, un proprio metodo di conoscenza, che intende calibrare alcune idee come il principio dell'ologramma, il principio ricorsivo, il principio dialogico. Al centro di questo metodo deve esserci un soggetto multidimensionale, capace di superare gli steccati delle varie discipline, nelle quali si operava la disgiunzione dell'oggetto dal suo contesto. Il nuovo metodo deve attraversare le diverse discipline: la complessità punterà al minimo della pluridisciplinarità e al massimo della transdisciplinarità.
Quali ritiene che siano le caratteristiche più importanti di questa teoria, nella formulazione che lei ne ha dato?
Sono in qualche modo contenute in ciò che ho già detto: il principio ologrammatico, quello dialogico e quello ricorsivo. Un'altra caratteristica del pensiero complesso è quella della posizione del soggetto indagatore che viene integrato nella spiegazione del fenomeno; oltre a questo va ricordato l'integrazione nel fenomeno da indagare del disordine, dell'incertezza, dell'alea.
Il mondo del vivente può essere dichiarato come l'oggetto più congruente per una teoria che definisce i suoi caratteri in base all'organizzazione autonoma, alla dinamicità, alla sua mutazione rispetto all'ambiente circostante?
Sì, perché nella teoria della vita fondamentalmente vi sono compresi due punti: il concetto dell'autonomia-dipendente, vale a dire che il sistema dell'organismo per poter lavorare e fare di se stesso un organismo autonomo ha bisogno dell'energia esteriore, per cui l'autonomia ha bisogno della dipendenza dall'ambiente. Autonomia e dipendenza non sono due concetti opposti.
In alcuni suoi testi lei riferisce di aver avuto contatti con alcuni dei più grandi studiosi contemporanei di biologia, come Monod, Jacob ed altri. La sua spiegazione del vivente così come l'ha formulata all'interno de La vie de la vie, che posto occupa nel dibattito epistemologico interno alla biologia?
Il rapporto con Monod era molto stretto, perché ero suo amico ed in più mi ha mostrato il manoscritto del suo gran libro "Il caso e la necessità"(1970) e mi ha influenzato in molti punti: ad esempio sull'importanza del caso, (ma non avevo la stessa concezione sul potere del gene, interpretato in maniera riduzionista). Con questo voglio dire che l'incontro con lui è stato molto fecondo per me, sia per l'integrazione che per la critica. Jacob aveva di più il concetto d'integrazione, la consapevolezza che il problema centrale della biologia era di integrare i livelli molecolari ai gradi più elevati del fenomeno vivente, e non di ridurre l'intero discorso della biologia ai soli livelli molecolari. Ma il dibattito epistemologico all'interno della biologia non è ancora divenuto una discussione sull'auto-organizzazione. Per me questo è il concetto fondamentale: l'auto-eco-organizzazione.
Chi giudica essere l'esponente intellettuale che più di ogni altro ha interpretato proficuamente la sua lezione metodologica?
In Italia Mauro Ceruti, Gian Luca Bocchi, Ivano Spano, Anna Sancese all'Università di Venezia, in Francia Jean Louis Le Moigne e molti in America Latina: Alfredo Gutierrez Gòmez, (messicano), Enrico Luengo, (messicano), Raul D. Motta, (argentino), Edgar de Assiz Carvalho, (brasiliano), Vida Maria da Conceiçao de Almeida, (brasiliano) e tanti altri.
Io non avevo il concetto di complessità , ma avevo sentito il senso della complessità; esso è presente in tutte le mie opere, anche ne "L'an zéro de l'Allemagne"(1946), libro da cui Rossellini ne ha tratto il suo film. In questo testo la contraddizione emergeva dal fatto di conciliare l'idea di una Germania vista come il paese più colto d'Europa, che ha prodotto i migliori pensatori, musicisti ed artisti, con un paese che ha prodotto orrori come la dittatura di Hitler. Questa idea di contraddizione che è strettamente collegata a quella di incorporazione la debbo alle filosofie di Hegel e di Eraclito, perché in queste filosofie l'incorporazione e la trasformazione diventano dialogica. Le radici della complessità stanno in questa compresenza delle contraddizioni. Faccio un altro esempio: quando ho condotto l'inchiesta sul villaggio bretone di Plozevet, per me era importante far capire che la vita di questo paese non dovesse dissolversi nel suo contesto storico, economico, ecc., ma che tutti questi caratteri erano compresenti, in maniera da far emergere attraverso il momento dialogico la sua originalità e la sua novità. Grazie alla frequentazione di pensatori come Montaigne e Pascal, ho maturato la convinzione che le idee unilaterali e manicheiste non mi piacevano. Io cercavo qualcosa che non si potesse ridurre unicamente alla opposizione del vero al falso.
Il secondo concetto fa riferimento al principio eraclitiano che dice di "vivere di morte e morire di vita", nel senso che la vita di un organismo postula la morte di un altro, perché nella vita c'è un processo di rigenerazione permanente. Questi sono i due punti fondamentali.
La cosa curiosa è che le cose più originali della biologia non vengono dai biologi stessi, ma vengono dal di fuori. Per esempio, la teoria del codice genetico è una scoperta di un chimico che lavorava sui virus, così come la teoria dell'auto-organizzazione viene dai cibernetici e post-cibernetici. E' un po' la stessa situazione verificatasi nell'ambito della fisica alla fine dell'Ottocento.Le ricerche in tale ambito erano dirette a trovare spiegazioni generali fondandosi sul determinismo ed invece si è arrivati alla teoria dei quanti e alla microfisica che hanno fatto crollare totalmente il determinismo. In biologia oggi si assiste ad una crisi, nata dal fatto che la biologia molecolare riconduceva ogni spiegazione al gene e alle molecole, divinizzando così il gene.
Penso che tutto questo cambierà quando la teoria dell'auto-organizzazione potrà diventare una teoria riconosciuta in biologia, ma per il momento non lo è.