La globalizzazione si è ormai imposta con una forza pervasiva nel destino degli esseri umani: essa condiziona la vita quotidiana d'ogni singola persona e quella plurale dei paesi e delle nazioni. Un processo irreversibile, che unisce e divide nello stesso tempo, differenziando in maniera tanto netta quanto crudele le condizioni d'intere popolazioni e, all'interno dei singoli stati, quelle delle diverse fasce sociali: ciò che per alcuni simboleggia ricchezza, per altri diventa emarginazione e povertà.
Un sistema, quello globale, che rappresenta in primo luogo un prodotto occidentale, il segno tangibile e profondo della sua potenza economica e politica; ma che influenza in misura totale la storia del mondo. Ed in questo contesto, l'esplosione della violenza terroristica attuale sembrerebbe allora originarsi da un rifiuto all'omologazione culturale del mondo ed essere il prezzo delle umane sofferenze che le ingiustizie sociali inesorabilmente generano.
L'11 settembre segna un punto epocale di svolta nella storia dell'umanità: com'è cambiato il mondo dopo la caduta delle "torri gemelle" a New York, dove esso stia andando, sono le domande che tutti ancora si pongono. Su questi argomenti si è interrogata anche "La Città Futura", promuovendo un discorso polifonico sul tema: "La ragione e la catastrofe - il mondo dopo l'11 settembre". Il ciclo di conferenze, che si è svolto dall'otto febbraio al 14 marzo 2002, è stato aperto da Danilo Zolo, docente di filosofia e sociologia del diritto all'Università di Firenze, che ha relazionato su "Guerra, terrorismo ed eclissi del diritto"; "L'esclusivismo come violenza potenziale" è stato invece l'argomento trattato da Adnane Mokrani, dottore in teologia islamica all'Università Al-Zaytuma di Tunisi. A seguire, Giuseppe De Bartolo, docente dell'Università della Calabria, è stato relatore sul tema "Le povertà. Cambiamenti demografici e prospettive per le generazioni future"; Marco Scarpinati, esperto di diritti umani, si è occupato de "La guerra asimmetrica".
Il ciclo di riflessioni si è chiuso con Isidoro Davide Mortellaro, dell'Università di Bari; tema della conferenza conclusiva: "Mondo globalizzato, mondo normalizzato? Scenari geopolitici all'inizio del XXI secolo". Una relazione attenta, quella di Mortellaro, per molti versi trascinante: con l'11 settembre - ha affermato - è stato abbattuto un muro che aveva funzionato da architrave per un'intera età, risorsa e condanna della guerra fredda. L'atomica - arma fondativa della globalizzazione, dell'unificazione del mondo e dell'umanità in comunità di destino - torna a popolare l'incubo planetario quotidiano e si fa minaccia sul confine indo-pakistano o nel triangolo mediorientale disegnato da Israele, Iran ed Iraq "in cui matura la nuova puntata della guerra al terrore".
Siamo di fronte ad un conflitto che dilaga nel mondo; in un mondo che - alla chiusura del decennio aperto dalla Guerra del Golfo - "allinea, assieme ad una miriade di conflitti civili, più o meno locali, ben tre guerre globali", combattute in nome e per conto dell'umanità. Ma a rafforzare la deriva verso quest'ultimo, devastante conflitto civile planetario hanno però contribuito in maniera determinante l'impotenza dell'ONU e la subalternità alle decisioni americane del Consiglio di Sicurezza delle stesse Nazioni Unite. Isidoro Mortellaro chiama fortemente in causa l'ONU, addebitandogli di avere imboccato, con la risoluzione del 28 settembre 2001, una via senza ritorno: con essa hanno provveduto a "riaffermare il diritto naturale di legittima difesa individuale o collettiva". Ma si tratta, come ben chiarisce l'art. 51 della Carta dell'ONU, di un diritto naturale che si esplica "rispetto ad un attacco armato" e "fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale". Dunque, per il relatore insistere nel riconoscimento, "senza assumere alcuna misura volta ad assorbire o sostituire l'autodifesa in atto", significa solo legittimare le decisioni statunitensi. L'accusa è diretta e pesante: l'acquiescenza e la subalternità dell'ONU all'America muta l'organizzazione della lotta globale al terrorismo in legittimazione di conflitti civili o intestini preesistenti o preannunciati. "Sono in molti, e tra i più potenti, a celebrare sacrifici sull'altare di quella guerra santa: la Russia di Putin offre la Cecenia, la Cina le sue minoranze musulmane o buddiste, Israele prova a stroncare l'Intifada, l'India chiede che il Pakistan smetta di fomentare il Kashmir, per rimanere ai casi più noti". Con la guerra infinita, la lotta al terrorismo diviene codice che alimenta la riscrittura delle regole. Una nuova presidenza imperiale affastella coalizioni che vampirizzano trattati e istituzioni; e, secondo Mortellaro, "s'avvera il sogno della Trilateral Commission: una ridefinizione della democrazia e dei poteri internazionali affidata alla cura esclusiva degli esecutivi e al riparo dei parlamenti. Ma nel fuoco di un conflitto che prova a ricondurre a disciplina un mondo già uscito fuori dei cardini, ben prima dell'11 settembre, un globo già scosso in tutte le sue certezze a Seattle come a Genova".
E' proprio all'inizio del XXI secolo, infatti, che la globalizzazione neoliberista riapre ferite non solo fuori ma in Occidente. Oggi il neocapitalismo prova a mettere recinti al cielo, alla vita umana e naturale, al lavoro associato. Il dopo 11 settembre ha rivelato che c'è chi punta ad un'accelerazione nella regolazione oligarchica e neoliberista del mondo; ma può essere sconfitto se, dall'altro lato, il globalismo democratico, riemerso a Seattle come a Genova, saprà continuare a mettere in crisi egemonie liberiste e pretese oligarchiche e, soprattutto, vorrà fare della pace il cardine di una nuova politica. Molto dipende anche dall'Europa: ancora una volta è dal suo cuore che può uscire vincente una visione sospettosa del mondo, chiusa ed armata. La sfida in Italia e per tutta l'Unione non sarà tra chi vuole l'Europa e chi vi si oppone. Ma tra diversi modi di concepirla e volerla.